Valutazione formativa: pratica scolastica o nuova moda?

Valutazione formativa: pratica scolastica o nuova moda?

La valutazione formativa è una pratica scolastica già risaputa? È una nuova moda? Il nominare con una certa insistenza la valutazione formativa può suscitare sospetto, perplessità, indifferenza. Chi sente il nome per la prima volta, pensa che sia una nuova moda. Per chi ha già sentito il nome (la sua origine risale a cinquant’anni fa), l’impressione è del “déjà vu”. Chi ha ragione?
Le impressioni o le reazioni sono comprensibili. Ma grosso modo dipendono e sono condizionate da ciò che si conosce. L’argomento di una valutazione formativa si è diffuso in questi ultimi venti anni a seguito di una riflessione profonda e una pratica che si è dimostrata molto efficace ai fini di un miglioramento dell’apprendimento. Può essere definita in molti modi. Uno di questi la definisce come la valutazione dell’insegnante durante il percorso di insegnamento per verificare l’efficacia del proprio insegnamento.
Allo sviluppo nella sua pratica è stato lungo e vi hanno contribuito ricerche e riflessioni di numerosi studiosi e ricercatori sulla valutazione scolastica. Da una parte le richieste diffuse di un apprendimento sempre più significativo ed elevato imposto dallo sviluppo e dalle esigenze del tempo. Da un’altra, la consapevolezza che un insegnamento rivolto a persone molto diverse difficilmente può avere un insegnamento efficace per tutti. Per altri aspetti non si possono trascurare gli effetti della valutazione. La valutazione non è solo un giudizio sull’apprendimento conseguito, ma un intervento dell’insegnante che deve informare lo studente, stimolare il miglioramento e motivare ad un maggior impegno.
Numerose pubblicazioni e ricerche hanno fatto notare come un certo modo di praticare la valutazione non produce questi risultati desiderati. Ad esempio, dare una valutazione con il voto e informazioni sul giudizio, spinge gli studenti a considerare solo il voto e a trascurare il giudizio. Il voto senza informare gli studenti di come possono migliorare non produce maggior impegno. Il modo di interrogare spinge gli studenti a memorizzare e ad adattare l’apprendimento alle richieste dell’insegnante più che ad apprendere in profondità. Il valore attribuito al voto induce una motivazione estrinseca, al superamento dell’ostacolo, ecc.
In questo contesto di rinnovamento della valutazione, si è rilevato come lo scopo primario della valutazione è informare e migliorare l’apprendimento. Questa prospettiva è stata anche nominata come valutazione per l’apprendimento o valutazione formativa che va distinta dalla valutazione dell’apprendimento. Quest’ultima è la valutazione che si compie al termine del processo di apprendimento e di insegnamento. Le due a loro volta vanno distinte dalla valutazione come apprendimento. Quest’ultima fa riferimento all’apprendimento che si compie attraverso la valutazione sommativa quando, verificando i risultati espressi nella valutazione, il soggetto ancora apprende.
La valutazione formativa, rispetto alle prime due, è dinamica perché avviene durante il processo di apprendimento, aiuta e guida l’auto-regolazione dell’apprendimento, non mette in pericolo la motivazione anzi la stimola, favorisce la stima di sé e il senso di autoefficacia, responsabilizza lo studente, lo rende attivo nel processo di apprendimento, aiuta l’insegnante in un insegnamento efficace e personalizzato.
Ma come si pratica? Quali sono le sue caratteristiche? Quali sono le forme di applicazione? È utilizzabile solo nella scuola elementare? Nella scuola media o anche superiore? Quando la si può effettuare?

 

di Mario Comoglio: Docente Università salesiana di Roma

 

Ne parleremo il 17 aprile nel webinar “La valutazione formativa per migliorare l’apprendimento”.

Info e iscrizioni qui.

 

 

Leggi anche

Perché il peperoncino brucia e la menta è fresca?
Alla ricerca di… Pitagora
Composizioni proporzionate: un'attività laboratoriale per affrontare le proporzioni
La metacognizione come cardine per un apprendimento significativo
Il corpo come luogo di narrazione autobiografica
In cucina con intelligenza: esperimenti con l’IA