La spesa sfusa: come diminuire le plastiche da imballaggio con semplici gesti quotidiani

La spesa sfusa: come diminuire le plastiche da imballaggio con semplici gesti quotidiani

Siamo sempre più attenti al cibo che mangiamo: gli ingredienti, la coltivazione biologica, i conservanti, le quantità di sale, la data di scadenza… e la scatola? Frigoriferi e scaffali delle nostre cucine strabordano di cibo confezionato, custodito da imballaggi progettati per proteggerlo e farlo viaggiare dal supermercato a casa senza che venga deteriorato o attaccato da sporcizia o altro. Con quali materiali vengono realizzati gli imballaggi alimentari e quanti sono?

Provate a fare questo esperimento: per quattro giorni (venerdì, sabato, domenica e lunedì) proponete alle vostre studentesse a ai vostri studenti di tenere da parte la confezione dei cibi pronti o degli ingredienti usati per cucinare una pietanza. La maggior parte sono imballaggi in plastica, avete notato? Bottiglie in pet di diversa capienza, vaschette di polistirolo e cellophane, buste di polipropilene o polietilene, polistirene per yogurt o mozzarelle, contenitori delle uova. A cui vanno aggiunti i contenitori dei detergenti: spruzzini per pulire, shampoo e bagnoschiuma, sapone liquido, detersivi per i piatti e il bucato, prodotti cosmetici. In più troveremmo una discreta gamma di imballaggi in carta o cartone o imballaggi secondari (come quelli che proteggono i pacchi di cracker, ad esempio). E un po’ di vetro e di metallo: alluminio per bibite, acciaio stagnato per conserve o alimenti sottovuoto. 

L’Ispra è l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente pubblico, e ogni anno stila diversi report tra cui uno che fotografa i rifiuti prodotti in Italia. I risultati sono interessanti. Ognuno di noi produce mediamente poco più di 500 kilogrammi di rifiuti domestici all’anno (i rifiuti industriali collegati ai nostri consumi sono 9 volte di più, ma questa è un’altra storia…) che in buona parte sono gestiti dalle raccolte differenziate: il 66,6% su scala nazionale (73,4% al Nord, 62,3% al Centro 62,3%, 58,9% al Sud), siamo tra i migliori d’Europa. Però ogni anno la produzione di rifiuti domestici cresce anziché diminuire (come dovrebbe accadere se rispettassimo gli accordi internazionali): nel 2023 + 0,7% rispetto al 2022.

IL VIAGGIO AL MARE

Tornando agli imballaggi che escono dalle nostre case, le quantità di vetro, carta e metalli sono piuttosto stabili mentre regolarmente aumentano le plastiche. Ogni anno nel mondo sono immesse al consumo circa 2,8 milioni di tonnellate di nuova plastica. Il problema però non è tanto il peso (la plastica è infatti leggerissima), ma l’ingombro. Provate a mettere insieme 1 kilogrammo di plastica usando gli imballaggi che vi rimangono in mano dopo aver fatto la spesa e vedrete che bel malloppo. Tuttavia, solo il 40% della plastica a livello mondiale viene riciclata, mentre un 20-30% non è proprio riciclabile: o perché sono plastiche al momento non trattabili o perché sono plastiche che durano nel tempo e che solo a fine vita vengono (forse) recuperate, come le plastiche dei RAEE (Rifiuti da apparecchi elettrici elettronici). In gran parte vengono abbandonate e facilmente finiscono in mare. 

Nella nostra vita quotidiana incontriamo almeno 200 molecole diverse di plastica. I miei occhiali sono di plastica, lo sono gli arredi in casa, gli utensili in cucina, il nostro smartphone è pieno di plastica. Questo tipo di oggetti però stanno fermi nel tempo anche a lungo e sono abbastanza facili da recuperare quando quell’oggetto è a fine vita. Il problema è la plastica monouso e usa e getta. In definitiva tra imballaggi della grande distribuzione e altri “contenitori” che incontriamo nella vita di tutti i giorni (mense, macchinette del caffè, imballaggi per il commercio on line…) sono circa 180-200 kilogrammi all’anno per ogni italiano.

Si tratta di plastiche di scarso valore: si sbriciolano, si spezzettano e, attraverso tombini e tubature, in pochi giorni sono al mare. Oltre l’80% dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge europee sono di plastica; di questi, il 50% sono oggetti di plastica monouso. In acqua poca parte galleggia e circa il 70% di quanto è stato riversato nell’oceano negli ultimi cinquant’anni è ormai sui fondali. Ha sporcato il fondo del mare e spesso si è anche “integrato” con la vita sottomarina, come fosse una roccia. Il problema è dovuto alla densità delle microplastiche.

Il Mediterraneo, sui cui si affacciano oltre 200 milioni di persone, ha meno dell’1% della superficie mondiale del mare ma contiene più dell’8% delle plastiche disperse in acqua, che per circa il 25% sono semi galleggianti e vagano nei primi 50-200 metri di acqua, a seconda di onde, correnti, temperatura e densità. Sono quelle che fanno più danno perché entrano nella catena alimentare (una parte del pesce che mangiano contiene microplastiche) o impediscono la vita di alghe e vegetali marini oscurando il Sole.

GLI ACCORDI SULLE PLASTICHE

Ancora un paio di informazioni e torniamo al cumulo di plastiche che avete messo da parte tra venerdì e lunedì. Il 2 Marzo 2022, a Nairobi, durante un’assemblea dell’Onu è stato approvato il Trattato mondiale sull’inquinamento da plastica, l’atto giuridico firmato da 175 Paesi da cui è partito il lavoro per costruire il primo Trattato mondiale sull’inquinamento plastico. La prima risoluzione per porre fine all’inquinamento plastico a livello globale, che avrebbe voluto esser legalmente vincolante entro il 2024. L’intesa, frutto della quinta sessione dell’Assemblea ONU per l’ambiente (UNEA), è stata festeggiata dai partecipanti come un momento storico. Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma ambientale ONU (UNEP) si è spinto a definire l’accordo come il più importante raggiunto dai tempi del Paris Agreement sul clima (2015). Lo scopo fondamentale è la lotta alla plastica monouso e usa e getta, grazie all’elaborazione di strategie che agiscono durante l’intero ciclo vita delle plastiche, compresa la fase di design e produzione, per diminuirne l’uso e rendere tutto perfettamente riutilizzabile o riciclabile. A fine novembre 2024 però i colloqui sugli aspetti esecutivi sul tratto si sono bloccati. 

In passato sono già stati fatti dei tentativi di regolamentare l’uso delle plastiche. Già nel 2019 l’Unione Europea aveva fatto passi concreti, preparando un articolato provvedimento (direttiva SUP, Single use plastic) per ridurre il consumo di plastica monouso e limitare la sua dispersione nell’ambiente e negli oceani. È entrata in vigore nel gennaio 2022, prevedendo step graduali. Bastoncini per la pulizia delle orecchie, cannucce, bicchieri, palloncini e contenitori in polistirene per asporto e consumo diretto di alimenti non vanno più prodotti con plastica tradizionale. I prodotti monouso devono essere realizzati in materiale biodegradabile e compostabile, e assolutamente conformi agli standard europei di riferimento. Le bottiglie in PET potranno essere vendute solo se il loro tappo di plastica rimane attaccato alla bottiglia dopo l’apertura, e dovranno contenere almeno il 25% di PET riciclato dal 2025 e almeno il 30% a partire dal 2030.

PER CAMBIARE DAVVERO

Tutto bene, pare… no? In realtà operativamente molti Paesi UE sono in ritardo nel mettere in pratica la direttiva SUP (che deve essere integrata con le leggi nazionali) e l’aumento della plastica riciclata o di origine bio non risolve il problema. Riciclare significa comunque consumare energia; produrre plastica biodegradabile e compostabile è dispendioso a livello energetico e spesso finiscono nella raccolta della plastica tradizionale, complicando il lavoro delle aziende che devono poi riciclare. Dunque, proporre plastica bio spesso è a volte una sottile forma di greenwashing.

La vera soluzione, su cui ognuno di noi può intervenire, è ridurre fortemente gli imballaggi monouso e usa e getta. Ad ogni occasione. Shampoo e bagnoschiuma solido nella doccia, ricariche di solo principio attivo per i detergenti, usando sempre gli stessi spruzzini. E in cucina?

Torniamo alla nostra attività. Martedì ogni studente porta a scuola la plastica “necessaria” in quattro giorni di vita di famiglia e in classe si comincia a dividerla per tipo e utilizzo. Concentratevi sugli imballaggi alimentari, catalogateli, misurateli in peso e volume. Stabilite poi un giorno sul calendario e per quattro giorni tutti gli allievi della classe si impegnano a fare due cose: 

  • quando si fa la spesa evitare la plastica ad ogni occasione (comprando frutta e verdura al mercato di quartiere con borse di tela, per esempio) e provare a minimizzarla quando non ci sono alternative. Un grande pacco di biscotti da 1kg è meglio di confezioni più piccole dove poi i biscotti sono ulteriormente imballati in porzioni monodose, per esempio, e in cartella una manciata di biscotti per la merenda li metto in un contenitore riutilizzabile;
  • si sperimenta la spesa sfusa, altrimenti detta spesa leggera: cercate negozi (anche qualche supermercato inizia a proporlo con settori dedicati) dove pasta e riso, prodotti da forno, legumi, olio e vino, farine… sono proposti senza imballaggi. Si porta da casa un contenitore idoneo, si fa la tara, lo si riempire con le quantità desiderate. Zero plastica mono-uso usa e getta.

Impegnatevi per quattro giorni, è un compito di cittadinanza ed educazione ambientale e tornate a misurare gli imballaggi. Ci sarà una importante differenza. 


Fonti e approfondimenti 
La direttiva europea 904 del 2019 sulla riduzione dell’incidenza di prodotti di plastica sull’ambiente: Direttiva (UE) 2019/ del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente.
Un riassunto della direttiva europea e come è stata applicata in Italia: Plastica monouso, obbligo di riciclato nelle bottiglie in Pet (secondo Direttiva SUP) – REMADE.
Uno studio che analizza i possibili impatti derivante dalla immissione di plastica nell’ambiente: Climate Impact of Primary Plastic Production | Energy Analysis & Enviromental Impact Division.
Infografiche su come ridurre i rifiuti da imballaggio: Come ridurre i rifiuti di imballaggio nell’UE? (infografica) | Tematiche | Parlamento europeo.
Il report redatto da ISPRA sulla produzione di rifiuti domestici in Italia nel 2023: Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2024 — Italiano.

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