Nel corso degli anni e con il progredire della scienza e della tecnologia, il modo di identificare e studiare gli organismi viventi è cambiato radicalmente. Sono cambiati i criteri di definizione di specie e sono cambiati i metodi per osservare e descrivere i nuovi organismi. È cambiato anche l’approccio della comunità scientifica: anche chi non lavora nella ricerca può essere reso partecipe delle scoperte tramite la rete o addirittura contribuire ai progetti di ricerca.
La definizione di specie
Quando si parla di “nuove specie” bisogna innanzitutto capire cos’è una specie. Un’analisi delle definizioni di specie richiederebbe tuttavia più articoli dedicati, vista la vastità dell’argomento. Il concetto di specie è infatti multidimensionale e potrebbe essere affrontato sotto diversi punti di vista che ancora oggi creano discussioni e paradossi nella comunità scientifica. In questa sede riporterò solo la definizione più diffusa di specie, quella di “specie biologica”, di sicuro la più utilizzata quando si parla di nuovi animali da scoprire, per poi passare in rassegna alcuni dei metodi per identificare una nuova specie.
“Una specie è costituita da gruppi di popolazioni naturali effettivamente o potenzialmente interfecondi e riproduttivamente isolati da altri gruppi”. Questa è la definizione proposta nel 1940 da Ernst Mayr che ha fornito le basi per infinite discussioni e speculazioni ancora oggi in corso e che è applicabile soprattutto agli organismi animali che si riproducono sessualmente.
Quante specie esistono sul Pianeta Terra?
Secondo un lavoro pubblicato sulla rivista scientifica internazionale PLOS Biology, si stima che possano esistere quasi 9 milioni di specie viventi (escludendo i batteri). Di questi 9 milioni, di cui circa 2 milioni vivono in mare, restano ancora da scoprire circa l’86% delle specie terrestri e il 91% di quelle che vivono nelle acque.
Ogni giorno però vengono scoperte nuove specie e d’altra parte, come è sempre successo dalla notte dei tempi, alcune scompaiono. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) stima che si estinguano circa 50 specie al giorno. Ci dobbiamo allarmare? Un po’, anche se bisogna considerare che l’estinzione è un processo naturale. Secondo alcuni studi, pare che una specie possa durare in media 1 milione di anni, anche se l’azione dell’uomo sul nostro Pianeta sembra stia accelerando di molto il ritmo naturale di scomparsa degli organismi viventi a causa della modifica dei loro habitat, dello sfruttamento delle risorse, dell’urbanizzazione, dell’inquinamento e del conseguente cambiamento climatico.
Come si scoprono nuove specie animali?
Quando il genere umano ha iniziato a catalogare e mettere ordine nella vastità degli esseri viventi del nostro mondo, creando la tassonomia, ci si basava unicamente su ciò che si poteva osservare: i caratteri morfologici (forma, colori, anatomia ecc) e quelli ecologici e comportamentali (ambiente in cui vive l’organismo, il cibo di cui si nutre, con chi e come si riproduce ecc). Oggi altri metodi affiancano quelli classici tuttora validi, quelli basati sull’identificazione e il confronto di alcune sequenze di DNA (o RNA) con le specie conosciute: se non si trova corrispondenza, ecco una nuova specie. Questo è possibile solo grazie ad avanzate tecniche di analisi genetica che vengono chiamate di DNA barcoding (codice a barre genetico).
Il codice a barre genetico
Possiamo schematizzare il processo del DNA barcoding come segue:
(1) viene prelevato un campione del DNA dell’organismo da analizzare;
(2) vengono amplificate alcune sequenze specifiche di DNA grazie al processo della PCR (reazione a catena della polimerasi);
(3) le sequenze vengono confrontate con le immense librerie di DNA aggiornate continuamente dagli scienziati di tutto il mondo;
(4) grazie all’utilizzo di computer più o meno potenti e ad algoritmi sofisticati, i dati genetici vengono intrecciati e confrontati con migliaia di sequenze di DNA in brevissimo tempo fornendoci così una risposta.
Una volta identificata una nuova specie, questa va descritta, catalogata e studiata nel dettaglio.
Questo processo è spesso distruttivo per l’esemplare appartenente alla nuova specie che viene sottoposto allo studio, e non si riesce a conservarlo in modo da poterlo studiare anche in futuro. Tuttavia, gli strumenti oggi a disposizione stanno cambiando le cose.
Nel 2021, come ogni anno, sono già state scoperte centinaia di nuove specie, tra queste anche una nuova specie di cefalopode (il gruppo di cui fanno parte i ben noti polpi, le seppie e i calamari). Si tratta del Grimpoteuthis imperator, chiamato anche polpo Dumbo per le appendici simili ad orecchie che il polpo esibisce sulla testa e che ricordano il simpatico elefante Dumbo, protagonista del noto film d’animazione Disney del 1941.
Questa particolare specie animale, grande circa 30 centimetri, vive nel fondo degli oceani tra i 4 e i 7000 metri di profondità ed è stata ritrovata dai ricercatori Alexander Ziegler e Christina Sagorny durante la spedizione del RV Sonne, un’imbarcazione scientifica che aveva lo scopo di studiare i fondali oceanici alla ricerca di nuove specie, proprio come fece Charles Darwin a bordo del celebre Beagle nel 1831. Il team di ricerca, per la descrizione di questo prezioso esemplare, ha ideato un nuovo approccio, condiviso con la comunità scientifica internazionale attraverso una pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale BMC Biology nel 2021. L’idea innovativa è stata quella di unire le tecniche classiche di osservazione e descrizione delle specie animali con i metodi basati sull’analisi genetica, il DNA barcoding, e le tecniche diagnostiche utilizzate comunemente in ambito ospedaliero per gli esseri umani, quali la risonanza magnetica e la micro-tomografia computerizzata. Il risultato di questo approccio consiste nella ricostruzione tridimensionale ad altissima precisione degli organi interni e della morfologia dell’animale, con un valore aggiunto: il grado di conservazione dell’esemplare. Il Grimpoteuthis imperator infatti, dopo le procedure di identificazione, risulta in ottimo stato, in quanto sottoposto solo a tecniche di analisi scarsamente invasive.
Questa nuova specie di polpo Dumbo (esistono decine di cefalopodi appartenenti allo stesso genere: Grimpoteuthis) è perfettamente conservata in una soluzione alcolica al Museo di Storia Naturale di Berlino e, grazie a Ziegler e colleghi, sarà possibile osservarla e studiarla ancora a lungo, senza considerare che tutte le immagini ottenute da questo team di ricerca sono anche disponibili sul database online MorphoBank per ulteriori ricerche o a scopo didattico-educativo.
Benché il genere umano a volte non riesca proprio a rispettare gli altri esseri viventi, sta imparando a lavorare in modo che resti traccia anche alle generazioni future di tutte le meraviglie, in molti casi ancora da scoprire, che ci circondano, e il cui studio può aiutarci a comprendere meglio il funzionamento del nostro Pianeta e della nostra specie.
Fare Scienze
Attività didattica con utilizzo di smartphone o tablet: riconoscere le specie con Seek (iNaturalist)
Il metodo classico di riconoscimento delle specie (prima ancora dell’utilizzo delle tecniche genetiche) prevedeva l’uso delle cosiddette chiavi dicotomiche, tabelle che ti accompagnavano passo passo all’identificazione di organismi animali o vegetali, ma che, nella maggior parte dei casi, erano ad uso e consumo solo degli addetti ai lavori a causa della loro complessità e della scarsa reperibilità per il grande pubblico.
Oggi, grazie alla diffusione degli smartphone e dei tablet e all’aumento della capacità di calcolo unito a nuovi algoritmi in grado di analizzare le immagini, abbiamo a disposizione gratuitamente una serie di App dedicate al riconoscimento di organismi viventi che sono davvero molto efficaci.
Una delle migliori è senza dubbio Seek di iNaturalist (iNaturalist su IOS). Questa App multipiattaforma (Android e IOS) consente tramite una o più foto da diverse angolazioni di identificare in tempo reale un organismo sia esso vegetale o animale. Inoltre, quando la foto non risulta abbastanza dettagliata, fornisce organismi simili e ne identifica anche la localizzazione geografica.
Compito: identificare una zona (il cortile della scuola, di casa oppure uno spazio interno o esterno con la presenza di piante e/o animali) e far mappare il numero di specie presenti agli studenti.
Si potrà avere così un’idea della biodiversità dell’ambiente in cui si vive. Sarà interessante scoprire che spesso non conosciamo i nomi delle specie e i gruppi di appartenenza delle piante e degli animali che ogni giorno vediamo e magari, tra le varie osservazioni, potremmo scoprire una specie rara o una specie che dovrebbe trovarsi in un altro paese. Avremo così uno spunto per introdurre il concetto di specie autoctona, originaria dello specifico territorio, e specie alloctona (o aliena), che proviene da altri territori. Tale concetto risulta fondamentale nell’analisi dell’impatto che le attività umane possono causare, portando organismi abitualmente presenti in altre aree geografiche a spostarsi modificando, a volte drasticamente, gli ecosistemi.