"E qualcosa rimane". Commento alla nuova prima prova dell’esame di Stato 2019

"E qualcosa rimane". Commento alla nuova prima prova dell’esame di Stato 2019

QUESTA È LA PRIMA PARTE DEL COMMENTO ALLA NUOVA PRIMA PROVA

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L’universo scolastico ha avuto saldamente al suo centro, fino a vent’anni fa, il tema; quando la riforma del 1999 introdusse le ormai ex “nuove tipologie” si trattò di una rivoluzione copernicana. Lo scenario che si prospetta oggi per la nuova prima prova dell’Esame di Stato 2019 è invece molto diverso: tra la prima prova appena tramontata e quella che sta per nascere non c’è infatti cesura ma continuità. Per dirla con l’incipit di Rimmel di Francesco De Gregori, sperando che il riferimento scherzoso riesca ad alleggerire almeno un po’ la tensione che accompagna la novità, “qualcosa rimane”: le pagine chiare sono le tante certezze ormai raggiunte; le pagine (o)scure i punti interrogativi che restano da chiarire di qui a giugno 2019.
Il disorientamento di chi si è trovato il traguardo spostato dopo che la corsa era già partita è del tutto comprensibile, ma il lavoro fatto finora non va certo perso: fondamentalmente si tratta di aggiustare il tiro e mettere alla prova anche con altre modalità tutte le competenze esercitate fin qui con le varie forme di scrittura già a regime: analisi del testo e saggio breve, articolo di giornale e tema; risposta sintetica a quesiti puntuali (eredità della “terza prova”); riassunto e parafrasi (scritture di servizio comunemente praticate in tutti gli ordini di scuola).
La novità davvero rilevante sono le griglie per la valutazione definite dal MIUR: sarà la loro applicazione, con ogni probabilità, la fase più delicata del nuovo esame.


 I riferimenti

I riferimenti normativi e operativi per il nuovo esame sono contenuti nei vari documenti diffusi dal MIUR tra l’aprile 2017 e il novembre 2018 in tre ondate, modalità che non ha certo contribuito a rassicurare il mondo della scuola né a rendere organico il processo di rinnovamento integrandolo nella didattica con tempi più distesi: ma c’era da aspettarselo, visto che il nuovo esame è figlio di due governi e ha fatto le spese di una transizione tutt’altro che facile.

I documenti che più ci interessano ai fini della prima prova sono questi: il decreto legislativo 62 del 13 aprile 2017 (art. 17 del capo III), la circolare 3050 del 4 ottobre 2018 e il Documento di lavoro per la preparazione delle tracce a questa allegato, il DM 769 del 26 novembre 2018 che adotta i quadri di riferimento e le griglie di valutazione per prima e seconda prova contenute negli allegati A e B, la relativa nota di trasmissione che annuncia conferenze di servizio e attività informative e formative dalle quali, ci si augura, arriveranno le risposte che ancora mancano.

Partiamo dall’art. 17, comma 3, del decreto dell’aprile 2017:


La prima prova, in forma scritta, accerta la padronanza della lingua italiana o della diversa lingua nella quale si svolge l’insegnamento, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato. Essa consiste nella redazione di un elaborato con differenti tipologie testuali in ambito artistico, letterario, filosofico, scientifico, storico, sociale, economico e tecnologico. La prova può essere strutturata in più parti, anche per consentire la verifica di competenze diverse, in particolare della comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logico-argomentativi, oltre che della riflessione critica da parte del candidato.


Non è certo una novità che la prima prova riguardi la lingua italiana (o l’eventuale altra lingua di insegnamento) e non invece la letteratura o altre discipline: la lingua madre è una competenza trasversale, e infatti nella prima prova ha modo di dialogare con diversi ambiti disciplinari. Gli ambiti previsti per la prima prova sono quelli della vecchia tipologia B, c’è solo la sostituzione di politico con filosofico: gli otto aggettivi, così ritoccati, sembrano rinviare alle diverse materie che

caratterizzano gli indirizzi del nostro sistema scolastico, e questo dovrebbe offrire a tutti l’opportunità di valorizzare la preparazione specifica raggiunta all’interno del proprio percorso di studi.
Non è nuova nemmeno l’idea che in un elaborato di italiano si accerti (e quindi si valuti) quanto segue:

– la padronanza della lingua = la correttezza;
– le capacità espressive = la ricchezza, varietà ed efficacia degli strumenti di cui si dispone;
– le capacità logico-linguistiche = come si usano i segnali testuali (connettivi, capoversi, punteggiatura ecc.) per organizzare il pensiero da esporre;
– le capacità critiche = come si selezionano i contenuti e la loro gerarchia, il criterio con cui si costruisce un percorso, il saper esprimere un’opinione o un giudizio in modo autonomo, consapevole, chiaro e (cosa che non guasta, nell’èra degli hater e dei troll) civile.

Nei punti sopra elencati si riconoscono gli indicatori delle griglie di valutazione normalmente usate per le verifiche di italiano, sia in corso d’anno, quando la valutazione è affidata al singolo insegnante di Italiano, sia all’esame di Stato, quando la valutazione è collegiale: nemmeno qui dunque ci sono stravolgimenti. Sulla valutazione, si dice questo (sempre all’art. 17, comma 6):


Al fine di uniformare i criteri di valutazione delle commissioni d’esame […] sono definite le griglie di valutazione per l’attribuzione dei punteggi […] relativamente alle prove di cui ai commi 3 e 4 [= prima e seconda prova]. Le griglie di valutazione consentono di rilevare le conoscenze e le abilità acquisite dai candidati e le competenze nell’impiego dei contenuti disciplinari.


Sono ancora ben presenti i contenuti, ma si evidenzia che essi vanno “impiegati” e non semplicemente riproposti. Che le griglie vengano definite dal MIUR va sicuramente nel senso dell’uniformità e omogeneità, inoltre risparmia alle commissioni una parte del lavoro: il DM del 26 novembre tuttavia, nulla aggiungendo alle Indicazioni metodologiche e operative per la definizione dei “Quadri di riferimento per la redazione e lo svolgimento delle seconde prove” e delle “Griglie di valutazione per l’attribuzione dei punteggi” per gli Esami di Stato del II ciclo pubblicate il 4 ottobre (“verranno […] individuati, per ogni disciplina, gli indicatori oggetto di osservazione/valutazione e i massimi punteggi associati a ciascuno di essi, lasciando alle Commissioni il compito di definire i descrittori di livello”), ha implicitamente confermato che definire i descrittori, a differenza di quanto molti avevano sperato, rimane compito delle commissioni.

In allegato alla circolare del 4 ottobre è stato reso pubblico il materiale più significativo per la prima prova sul piano didattico, il Documento redatto dal gruppo di lavoro coordinato da Luca Serianni: è questo un testo conciso, concreto e cristallino, libero dalle pesantezze che spesso rendono pressoché illeggibili le indicazioni ministeriali, e quindi facilmente traducibile in indicazioni pratiche.

Per capire come andrà ricalibrato il lavoro sulla scrittura, riassumiamo qui di seguito le indicazioni per i diversi tipi di traccia e i criteri per la valutazione delle prove (il Documento è stato ripreso quasi integralmente nel Quadro di riferimento per la prima prova allegato al DM del 26 novembre).


Le nuove tipologie

Le tre tipologie di prova proposte, al di là dei nomi, non si discostano troppo, come si è detto, da quelle fin qui proposte: l’analisi del testo rimane, il saggio breve scompare come denominazione ma se ne recupera l’impianto espositivo-argomentativo, il tema come tipologia testuale scompare ma rimane l’idea di un “tema” da trattare svolgendo una traccia o partendo da un testo. L’unica tipologia della quale non resta traccia è l’articolo di giornale, che sparisce tuttavia solo dalla produzione attiva per diventare più sensatamente uno dei possibili terreni su cui, basandosi su testi scritti da professionisti, gli studenti devono comprendere contenuti e riconoscere strutture. Che la scrittura giornalistica non venga richiesta all’esame conclusivo non vuol dire però che le competenze finora acquisite non tornino utili: il lavoro sulle parole-chiave nel titolo ha parecchi altri ambiti di applicazione; la capacità di selezionare e gerarchizzare l’informazione (a partire dalle sempre e ovunque benemerite “5W”) montandola secondo “tagli” diversi viene recuperato per riassunto e sintesi; la capacità di scrivere un “attacco” efficace mette in condizione di costruire un buon esordio; padroneggiare uno stile comunicativo e brillante è un apprezzabile plus rispetto al registro abituale della scrittura scolastica, alquanto piatta e senza personalità.

Gli ambiti di riferimento per tutte e tre le tracce sono quelli definiti dall’art. 17 del decreto 62/2017, al quale gli esperti hanno dovuto di necessità attenersi, ma non è chiaro il rapporto tra gli ambiti e le tracce, che sono sette a fronte di otto ambiti: ci sarà una sorta di accorpamento, di rotazione? Ci auguriamo comunque, in attesa del necessario rodaggio della nuova formula, che almeno per il primo anno la scelta cada su ambiti previsti in tutti gli indirizzi (l’ambito letterario sembra garantito dalle due tracce della tipologia A; quello storico e scientifico non dovrebbe mancare per la rilevanza formativa della storia e della scienza accanto alla letteratura) o comunque in qualche modo presenti nell’orizzonte personale dei ragazzi (sociale? tecnologico?).

Un dato interessante è che il Documento parla di “tipologie di prova” e non di “tipologie testuali” (a differenza dei vecchi saggio breve, articolo di giornale, tema), il che può essere interpretato come un apprezzabile tentativo di non ingabbiare la produzione scritta in tipologie quasi mai identificabili in

modo netto, e di lasciare invece liberi i candidati di concentrarsi sui livelli profondi della testualità, trasversali a tutte le possibili tipologie. Certo, la libertà ha il suo rovescio: non avere ben chiaro quali testi tenere come modello per la produzione scritta può creare (specie in questa prima fase) non poche preoccupazioni, anche perché la didattica della scrittura si basa su forme piuttosto rigide e “scolastiche”, ed è difficile nel giro di pochi mesi, tanto per gli studenti quanto per gli insegnanti, cambiare la prospettiva aprendosi a testi di tipo diverso magari presi dalla realtà. La prima tornata del nuovo esame, diciamocelo, se dal MIUR non arrivano presto modelli di riferimento vedrà molto probabilmente un plebiscito per l’analisi del testo e la tipologia C (che è parente abbastanza stretta del tema, da sempre la coperta di Linus dello studente) e terrà lontani – per il timore di non capire bene le richieste – dalla tipologia B, la più innovativa e per parecchi versi la più agevole da gestire. Un tratto che accomuna le tracce proposte dal Documento è l’essere suscettibili di vari approcci, derivanti dalle prospettive dei diversi ambiti disciplinari, e il prevedere attività di analisi/interpretazione/riformulazione di un testo (anche la traccia è considerata tale) propedeutiche alla richiesta della produzione libera.

Vediamo brevemente nel dettaglio le tre possibilità.

Tipologia A – Analisi di un testo letterario italiano

Sono previste due tracce anziché una e questo di sicuro va a vantaggio degli studenti che, a differenza di quanto accaduto finora, potranno scegliere. Il testo non deve rientrare necessariamente nelle letture fatte in corso d’anno ma sarà lo spunto per “interagire con un testo letterario inserendolo nel proprio orizzonte formativo ed esistenziale”: fare cioè quello che normalmente fa chi legge seguendo non solo le prescrizioni scolastiche ma anche i suoi interessi, cosa che i nostri studenti mediamente sono già portati a fare.

I testi, si precisa, saranno scelti dall’Unità a oggi (non dovrebbero quindi presentare difficoltà eccessive sul piano della lingua, sebbene la poesia non sia mai di facile lettura), apparterranno a generi diversi, saranno da comprendere a livello di contenuto e di costruzione formale (senza però quesiti di metrica o retorica fini a sé stessi), nonché da riassumere e da interpretare, corredandoli infine di un approfondimento letterario o di una riflessione personale sul contenuto. L’indicazione dell’arco temporale mette al riparo dalle storture viste in passato, quando – in una prova nella quale tutti gli ordini di scuola dovrebbero avere le stesse possibilità – furono proposti con nonchalance passi del Paradiso. Il fatto poi che l’attenzione sia focalizzata sul testo in sé, e non sull’analisi tanto minuziosa quanto sterile di aspetti tecnici né su una trattazione di tipo storico-letterario, dovrebbe rendere la prova decisamente più abbordabile per tutti gli studenti.

Tipologia B – Analisi e produzione di un testo argomentativo

Per questa tipologia, verranno proposte tre tracce. Secondo il Documento, il brano da analizzare dovrebbe essere tratto da un testo “ben formato”, un saggio o un pezzo giornalistico di buona fattura, presumibilmente legato a un tema rilevante sul piano culturale o geopolitico; nel Quadro di riferimento del 26 novembre compare tuttavia una dicitura più generica: “un singolo testo compiuto o un estratto sufficientemente rappresentativo ricavato da una trattazione più ampia”. La consegna può essere articolata in diversi modi e richiede di comprendere il brano quanto a contenuto, strutturazione logica, linea argomentativa e di usarlo come punto di partenza per una produzione personale.

Tipologia C – Riflessione critica di carattere espositivo–argomentativo su tematiche di attualità vicine all’orizzonte esperienziale delle alunne e degli alunni

La prova è quella che più ricorda il tema classico ma la traccia deve fornire indicazioni precise sullo svolgimento, che potrà prevedere anche la richiesta di dare un titolo all’elaborato e scandire il testo in paragrafi, a loro volta dotati di un titolo (il che – una volta che ne hanno capito il senso e hanno imparato a farlo – facilita gli studenti cha hanno difficoltà a gestire testi lunghi, perché non richiede di costruire architetture complesse e consente invece di segmentare in blocchi autonomi la trattazione).

Questa tipologia può avere anche un “breve testo d’appoggio che fornisca ulteriori spunti di riflessione” e che probabilmente ha la funzione di tenere gli studenti con i piedi per terra nel loro svolgimento, evitando sproloqui inconcludenti e soporifere litanie di frasi fatte. Che cosa sia l’orizzonte esperienziale delle alunne e degli alunni non è ben chiaro, ma verosimilmente si pensa a un’attualità che privilegi tematiche vicine alla realtà dei giovani (potenzialità e rischi di Internet, tutela dell’ambiente, aspetti legati a società e lavoro, tecnologia, social networks, lettura e simili) anziché chiedere di discettare su tematiche globali in qualche colonna di foglio protocollo. Anche qui gli studenti potranno scegliere: le tracce saranno infatti due.

Resta invariata la durata della prova: sei ore.


Che cosa c’è di nuovo

Quali sono allora le novità? La prima è il fatto che la prova d’esame può essere strutturata, cioè composta da più parti e con richieste diverse: ma a questo ci hanno già abituato le prove INVALSI, che hanno messo l’accento sulla comprensione oltre che sulla produzione, sui livelli profondi della testualità oltre che sulla – sempre sacrosanta – correttezza grammaticale.

La seconda novità è che si chiede al candidato non solo di scrivere liberamente ma anche di comprendere e riscrivere: anche questo però lo avevamo già visto con le “nuove tipologie” della riforma del 1999. Comprendere, parafrasare e riassumere sono attività richieste sia dalla ex tipologia A sia dall’uso dei documenti nella ex tipologia B: la vera novità sembrerebbe quindi la richiesta di comprendere non solo il significato di un testo ma anche il modo in cui esso è organizzato.

La terza novità, infine, è che ci siano indicazioni esplicite sui criteri di valutazione e che anche per la prima prova (vista l’esperienza positiva della prova di matematica) vengano predisposte dal MIUR griglie comuni: questo, come già detto, risparmia una discreta parte di lavoro alle commissioni e porta verso una valutazione il più possibile oggettiva e omogenea nelle varie scuole. Gli indicatori esplicitati alla voce Criteri per la valutazione delle prove del Documento sono stati quasi integralmente ripresi dal DM del 26 novembre, sono quelli che conosciamo e anche su di essi abbiamo accumulato una lunga esperienza.


Insomma: “nuovo” sì, ma non troppo

Dunque possiamo tirare un sospiro di sollievo: in definitiva, la nuova prima prova accoglie quanto di buono c’era nella riforma del 1999 ed elimina invece gli aspetti che, per vizio strutturale o intenzioni fraintese, si sono rivelati un problema: scrivere partendo da documenti (intenzione di per sé lodevole) ma avendo a disposizione un dossier patchwork fatalmente destinato a improbabili “taglia-e-cuci”, simulare articoli di giornale (testi da professionisti del settore, per scrivere i quali nemmeno noi insegnanti siamo il più delle volte attrezzati) collegati ai documenti nei modi più strani anziché ai lanci di agenzia, svolgere tracce velleitarie per ampiezza e densità inesorabilmente destinate il più delle volte a far scorrere fiumi di retorica e luoghi comuni. La nuova prima prova tende inoltre a rendere il compito degli studenti assai più agevole perché fornisce loro elementi preziosi: indicazioni puntuali su come lavorare, testi di appoggio sui quali fondare il proprio elaborato anziché la richiesta di trattare temi fuori dalla loro portata e richiamare contenuti impegnativi semplicemente sulla base della propria memoria o di pochi frammenti scarsamente integrati tra loro e impropriamente definiti “dossier”.

È qui doveroso almeno un accenno alla questione della storia, che tanto ha agitato gli animi inutilmente o speciosamente: il nuovo esame non esclude certo la storia, con la S maiuscola. Al contrario: inserendola nella tipologia B le dà maggiori chances di essere scelta dagli studenti per la loro prova, visto che non avranno più di fronte tracce tanto ampie da sgomentare perfino parecchi insegnanti, ma avranno invece la possibilità di lavorare in maniera seria e realistica grazie alla presenza di un testo su cui concentrarsi e che, per quanto possa richiamare contesti più ampi, mantiene la trattazione entro confini ragionevolmente circoscritti.

Le tipologie B e C richiedono, accanto ai contenuti disciplinari, che gli studenti siano ben informati sull’attualità: costituiscono quindi un ottimo incentivo per praticare diffusamente la lettura di quotidiani, periodici e riviste, andando incontro agli interessi dei giovani che molto spesso non trovano risposta adeguata e strutturata nella scuola perché vengono considerati prioritari i contenuti e il rispetto della cronologia: ma il tempo corre sempre più veloce, e sui contenuti dobbiamo deciderci a fare tutti i tagli che, per quanto dolorosi, ci possono procurare lo spazio per guidare gli studenti anche e soprattutto nell’esplorazione e nella conoscenza del loro mondo (una funzione decisamente più attuale, e più alta, rispetto al modello eminentemente trasmissivo che impronta ancora la nostra scuola). Da anni l’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, al quale fanno capo molte autorevoli testate, propone nelle scuole “Il quotidiano in classe”, il cui obiettivo è avvicinare gli studenti all’informazione di qualità mettendoli in condizione di accedere gratuitamente e con varie azioni di supporto a strumenti che permettono loro di affinare le capacità di comprensione e il senso critico: è un’iniziativa da diffondere in futuro ancora di più, per le potenzialità che offre sul terreno delle competenze di cittadinanza delle quali la nuova prima prova si sostanzia.


La valutazione

Il Documento chiarisce che la prima prova “presuppone due attività: la capacità di comprendere i testi proposti, a partire dalla consegna richiesta e dalle eventuali note informative, e la produzione di un elaborato scritto”; quindi “La valutazione dovrebbe tener conto, anzitutto, della comprensione della consegna e dei testi proposti”. Per la produzione sono invece valutati “gli aspetti formali ed espressivi e la capacità di sviluppare un discorso critico”. Si istituisce poi una distinzione tra “scritture da testi” e “scritture svincolate da testi”: nel primo caso la valutazione è più attenta a comprensione, analisi e commento, nel secondo, alla produzione autonoma con particolare riguardo all’organizzazione “delle argomentazioni da trattare”. Vengono infine presentate per la valutazione una serie di elementi generali e una serie di elementi specifici a seconda delle tipologie di prova.

A parte il distinguo tra essere vincolati o meno da un testo, e la sottolineatura sul fatto che traccia e indicazioni di lavoro sono “testi” anch’essi, quello che viene valutato è in sostanza ciò che valutiamo da sempre: semmai cambia il peso specifico di alcuni indicatori (pochi) a seconda della prova scelta. Quanto ai descrittori, non è senza ragione che vengano lasciati alle singole commissioni: ma sarebbe auspicabile che dal MIUR arrivassero almeno indicazioni chiare su dove fissare la soglia della sufficienza. La proporzione 6:10 = x:20 (sufficienza: 12/20) non è da ritenersi necessariamente affidabile: nel vecchio esame, la sufficienza era stata fissata a 10/15, mentre la proporzione 6:10 = x:15 avrebbe invece dato 9. Superfluo sottolineare che, se non arriva questa indicazione, le griglie ministeriali perdono la loro ragion d’essere.
Nelle griglie che compaiono nel Quadro di riferimento, rispetto agli indicatori proposti nel Documento, il MIUR modifica con mano decisamente poco felice. La punteggiatura, che è uno strumento fondamentale per l’organizzazione logica del testo, viene rimossa dall’indicatore dove gli esperti l’avevano pour cause collocata e viene messa insieme alla correttezza ortografica e morfosintattica. Ancora peggio va alla voce Espressione di giudizi critici e valutazioni personali, che compare tra gli indicatori generici per tutte le tipologie (a scanso di equivoci sul fatto che un lavoro puramente mnemonico possa essere considerato di qualità). Per la tipologia C questa voce veniva però riproposta anche tra gli indicatori specifici in quanto costituiva il cuore dell’elaborato (che non a caso si chiama “Riflessione critica”). Il MIUR ha invece ritenuto di cassare l’indicatore, forse pensando che la ripetizione fosse dovuta a una svista; in questo modo però non sarà possibile valorizzare – se non applicando con estrema, e indebita, elasticità la griglia – un elaborato realmente personale e “critico” rispetto a uno ugualmente pertinente alla traccia, ben organizzato, basato su conoscenze e riferimenti culturali corretti e articolati, ma inesorabilmente compilativo.

Sfugge infine il motivo per cui la griglia della prima prova sia stata proposta in centesimi, da ricondurre poi mediante proporzione a 20, e quella della seconda invece direttamente in ventesimi: dati 6+4 indicatori, e già sono tanti, dieci livelli sembrano decisamente troppi.


Aspettando giugno 2019

Queste le riflessioni: da qui a giugno però non manca molto e bisogna ottimizzare tempi ed energie, quindi è bene darsi poche priorità molto concrete: rendere più mirate e sistematiche le attività sulla scrittura fatte finora e potenziare il lavoro sulla comprensione del testo. Rinunciare a qualche testo letterario per leggere un po’ di buona saggistica e di articoli scritti da intellettuali e “penne” titolate non dovrebbe essere un gran sacrificio, anzi: può essere una buona occasione per allargare l’orizzonte dei nostri studenti verso il mondo che li circonda e che la scuola raramente incrocia, e per farli familiarizzare con parole e concetti che non popolano il sia pur vasto e affascinante territorio della letteratura. Del resto, se fin qui siamo riusciti a far nascere nei ragazzi passione e interesse per la lettura, non mancheranno loro le occasioni per avvicinarsi alla letteratura anche dopo essere usciti dalla scuola.

La nuova prima prova è anche un incentivo a migliorare la coesione ed efficacia dei Consigli di classe, a cui spetta il compito di affiancare l’insegnante di Italiano per lavorare a una competenza di lingua realmente trasversale (parola che spesso ahimè rimane lettera morta, confinata in altisonanti liste di obiettivi che pochi poi passano a tradurre in pratica perché mediamente si è troppo

legati all’idea di “dover fare il programma”). Chi insegna Italiano è uno specialista, oltre che di letteratura, di lingua: il suo compito è fornire agli studenti e ai colleghi gli strumenti tecnici perché possano scendere poi nel dettaglio a livello disciplinare. Per fare qualche esempio, possono essere utili un inquadramento sul concetto di “lessico specialistico”, sulle caratteristiche del lessico italiano (derivazione dal latino, presenza delle lingue classiche e moderne, prestiti, calchi, forestierismi), sulle etimologie e sulle modalità di formazione delle parole (questo è evidentemente un aiuto prezioso per fissare i termini tecnici e il loro significato), sui diversi procedimenti argomentativi (persuadere, convincere, dimostrare sono cose diverse), sulle caratteristiche dei testi (la classificazione di Francesco Sabatini basata su “rigidità” ed “elasticità” può essere utilmente calata in tutte le discipline); saranno poi i singoli insegnanti a entrare nel merito delle questioni più rilevanti ai fini del loro percorso.

Un supporto valido è fornito dalla buona pratica, per fortuna già diffusa, di leggere insieme agli studenti testi delle singole discipline (storia, filosofia, scienza, arte, diritto, economia, tecnologia, eccetera) occupandosi non solo dei contenuti ma anche degli aspetti linguistici e testuali. Un lavoro di lettura così attento si riflette poi ovviamente in maniera benefica anche sull’acquisizione dei contenuti che sostanzieranno l’esame e, soprattutto, la cultura a lungo termine degli studenti.


Piccolo prontuario per costruire esercizi

Sempre in nome della concretezza, può risultare utile riepilogare le principali attività per lavorare sui testi a livello di comprensione, riformulazione, produzione (parecchi spunti si trovano nelle prove INVALSI, ora tarate anche per l’ultimo anno come negli esempi diffusi di recente):

  •  domande di comprensione sul significato complessivo del testo;
  •  domande puntuali sul significato di singoli passaggi;
  •  ricerca (attraverso il dizionario oppure sulla base del contesto) del significato di parole chenon fanno parte del lessico quotidiano, modi di dire ed espressioni figurate, e utilizzo attivo;
  •  scelta, tra una serie di proposte, di un sinonimo adeguato al contesto;
  •  richieste sulla funzionalità di scelte grammaticali (per esempio il ricorso a particolari pronomipersonali, possessivi o dimostrativi per marcare vicinanza o distanza, opposizione di punti di vista o di personaggi; l’uso di avverbi per collocare nello spazio e nel tempo instaurando simmetrie e opposizioni; la formazione delle parole: la presenza di suffissi vezzeggiativi o peggiorativi);
  •  richiesta di riconoscimento di figure retoriche e della loro funzione all’interno di un testo (per esempio: eufemismo e litote per attenuare, iperbole per enfatizzare, anafora per evidenziare un elemento, enjambement per dare andamento discorsivo, onomatopea per ricreare linguaggio infantile oppure ottenere effetti comici);
  • esercizi di riassunto (su testi preferibilmente non letterari);
  •  esercizi di parafrasi, nel senso di riformulazione;
  •  esercizi di sintesi tra più testi;
  •  richiesta di riconoscere una tesi e una linea argomentativa;
  •  richiesta di sostenere o confutare una tesi;
  • produzione scritta personale a partire da un testo–stimolo (breve) o da un testo sul quale siastata fatta preventivamente un’attività di comprensione.

Un buon repertorio di testi è nell’archivio delle prove d’esame a partire dal 1999, sia della tipologia A (magari riformulando le richieste più puntualmente, secondo le nuove indicazioni) sia della tipologia B: da molti dei documenti lì proposti in forma ridottissima si può risalire a una bibliografia spesso interessante, anche se in parte datata, e si può riproporre una parte più ampia del testo corredandolo di domande puntuali. In particolare, le tracce dell’esame 2018 (che non fanno capo al gruppo di Serianni) sembrano aver recepito le novità che erano nell’aria con il procedere dei lavori: l’analisi del testo di Bassani può tranquillamente essere svolta anche senza aver mai sentito nominare l’autore, e per la contestualizzazione vengono in aiuto le conoscenze di storia che chiunque si presenti all’esame di Stato sicuramente ha; le tracce della ex tipologia C e D, con i loro brevi testi di appoggio, sono un esempio ragionevole da seguire per formulare tracce su cui allenare la futura tipologia B e C.

Per il resto, è inutile fare il toto-prima prova, attività che è meglio lasciare ai tanti siti “studenteschi” della Rete (nei confronti dei quali, peraltro, è bene mettere in guardia i ragazzi: non di rado spacciano per modelli sicuri testi abborracciati oppure ripescano materiali ormai superati, e addirittura prendono cantonate madornali, come nel caso di Foscolo e Manzoni inseriti da uno dei siti più battuti dagli studenti nella rosa dei “papabili” postunitari): come sarà fisicamente strutturata la tipologia B e C lo vedremo dagli esempi che il MIUR ha promesso di predisporre e diffondere prima di giugno (si spera, molto prima, non foss’altro che per tranquillizzare insegnanti e studenti).

Quello di cui è bene essere consapevoli è questo: i ragazzi, una volta in quinta, sono senz’altro in grado di rispondere alle richieste del nuovo esame quanto a contenuti e competenze di scrittura e ragionamento; devono però essere ben allenati alla lettura attenta di testi, richieste e indicazioni di lavoro.


La vera novità

La “nuova” prima prova è dunque per molti aspetti un “usato sicuro”, al massimo ricondizionato, e le indicazioni del documento non giungono affatto inaspettate. Se ne poteva del resto intuire l’impostazione considerando che sarebbero state coerenti con le indicazioni per l’esame finale del primo ciclo, operative dal giugno 2018, già formulate dallo stesso gruppo di lavoro. Serianni è un linguista che unisce al valore scientifico la sensibilità per la didattica della lingua e per la scuola; quelli che lo hanno affiancato sono esperti anch’essi di provata competenza, con esperienze diverse ma complementari: il loro documento non ribalta la scena, ma è una sintesi di quanto già da tempo circola nella scuola grazie all’iniziativa personale degli insegnanti più sensibili al pericolo dell’analfabetismo funzionale e alle numerose iniziative di formazione e aggiornamento patrocinate da Accademia della Crusca e dei Lincei, oltre che da istituti di ricerca e associazioni disciplinari. Anche della riflessione teorica, nel nuovo esame, “qualcosa rimane”. Serianni in particolare si era già espresso più volte in passato su come gli sarebbe piaciuto immaginare l’esame di Stato:

[…] più prove simultanee, come avviene per il compito di matematica del liceo scientifico: un tema su un argomento sufficientemente delimitato e vincolato a una lunghezza non eccessiva – per esempio: non più di una – due colonne di foglio protocollo – e volto ad accertare la capacità di mettere insieme un testo coeso e coerente (senza pretendere che sia anche originale!), dimostrando di aver assimilato uno degli argomenti centrali studiati nell’ultimo anno; il riassunto di un testo argomentativo vincolato il più possibile a una estensione data; la verifica della comprensione di un testo saggistico su argomenti estranei allo studio effettivamente svolto (molto adatti gli editoriali di un quotidiano, per esempio), attraverso domande mirate.

La citazione è tratta dal volumetto Leggere, scrivere, argomentare. Prove ragionate di scrittura (Laterza, 2013; pp. XIV–XV): un libro prezioso per la quantità di materiali commentati sul piano strutturale e formale (articoli di giornale su temi diversi, dall’editoriale al pezzo di costume alla rubrica di taglio brillante; saggistica di vari ambiti; divulgazione di buon livello) e di esercizi da cui trarre spunto per costruirne altri a beneficio delle proprie classi.

Il lavoro del gruppo è inoltre coerente con altri documenti ormai acquisiti da tempo nel lavoro di programmazione degli insegnanti, le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali e le Indicazioni nazionali per i licei, alla cui stesura non a caso ha collaborato sempre Serianni (se sui giornali è soprannominato “Mister Italiano” un motivo c’è). E proprio in questi documenti si comincia a delineare la visione della competenza linguistica come obiettivo e responsabilità trasversale, strumento indispensabile per interagire nei contesti di vita e professionali, cioè nella dimensione privata e pubblica: un passo importante verso la lingua intesa prima di tutto come competenza civile.

“È solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui”, recita un famoso passo della Lettera a una professoressa: e se la scuola riuscirà veramente a fare in modo che tutti siano “eguali” (certificandolo alla fine attraverso una prova attendibile) allora sarà la scuola di un paese civile, che può guardare con ottimismo al proprio futuro, che ha le carte in regola per competere con gli altri paesi europei, che riesce a mettere in pratica il dettato costituzionale secondo cui l’istruzione è uno strumento di mobilità sociale per i più meritevoli anche se svantaggiati (e per inciso dovremmo ricordarcene anche quando pensiamo ai “nuovi italiani” che popolano le nostre classi).

In un altro passo dello stesso testo, uno dei ragazzi della scuola di Barbiana racconta la sua traumatica esperienza quando cercò di ottenere la licenza media in una scuola pubblica:

[…] mi presentai alla licenza media come privatista. Il tema fu: «Parlano le carrozze ferroviarie». A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: Aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve […]. Ma davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell’arte di tutti i tempi?

Ecco, è bello pensare che nella nostra scuola, con le nuove prove d’italiano di fine ciclo, le carrozze ferroviarie taceranno definitivamente e le regole “umili e sane” di don Milani potranno avere finalmente il loro giusto riconoscimento.

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