Il potere delle storie: esperienze di storytelling digitale

Il potere delle storie: esperienze di  storytelling digitale

Nicoletta Di Blas, ricercatrice confermata in pedagogia speciale presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, racconta l’esperienza di PoliCultura, un concorso di storytelling digitale attivo dal 2006 che ha coinvolto ad oggi più di 40.000 studenti e 3000 docenti dall’Italia e dal mondo.

“…alla fine Bree disse, ‘Ed ora, Tarkheena, raccontaci la tua storia.’ […] Lei iniziò immediatamente, sedendo quasi immobile e usando un tono e uno stile assai diversi da quelli soliti. Poiché a Calormen il raccontare storie (si tratti di storie vere o inventate) è qualcosa che si insegna, come ai bambini inglesi si insegna a scrivere componimenti. La differenza è che la gente ha voglia di ascoltare racconti, mentre non si è mai sentito di qualcuno che abbia voglia di leggere i componimenti.”

C.S. Lewis, Le Cronache di Narnia

“Nel 2006, a HOC-LAB venne chiesto di creare un “supporto multimediale” alla visita di una mostra presso la Pinacoteca Ambrosiana, che aveva come oggetto un solo quadro: una magnifica adorazione dei Magi, del pittore Bramantino. Era desiderio dei responsabili della mostra che la visione dell’opera fosse accompagnata da approfondimenti di vario tipo, da consultare in situ e in un sito (web) ad essa dedicato. In quella occasione, HOC-LAB sviluppò la prima versione di 1001storia, uno “strumento-autore” per creare “storie” multimediali (composte cioè da immagini, testi, audio – in seguito, ma solo di recente, anche video) e interattive (composte cioè da frammenti – capitoli – tra i quali il fruitore si può muovere a suo piacere).

Da quel primo lavoro nacquero due filoni di attività: da un lato, lo sviluppo di applicazioni professionali di storytelling digitale per i beni culturali, tutti basati su quel primo strumento, dall’altro, un concorso per le scuole – ancora attivo, per la creazione collaborativa di “storie” in ambiente didattico. Il concorso, che si chiama PoliCultura, arriva quest’anno alla sua 13° edizione e le scuole non sembrano essersi stancate di partecipare.

La ragione per cui decidemmo di offrire alle scuole 1001storia fu che lo strumento era stato concepito come una matita: uno strumento di massima semplicità, ma con il quale si può scrivere ciò che si vuole (e anche creare capolavori, come è successo in questi anni). Volevamo che nessun docente si tirasse indietro per timore di dover compiere mirabolanti azioni tecnologiche; volevamo vedere docenti di qualsiasi disciplina concentrarsi sui contenuti, sulla comunicazione. Volevamo proporre una attività che avesse ricadute effettive sulla didattica e non fosse una forma di intrattenimento con le tecnologie, come a volte accade (o forse possiamo dire accadeva?). Ma soprattutto volevamo provocare la scuola a prendere il posto che le spetta in questa nuova frontiera, che è quella dell’alfabetizzazione digitale.

A 13 anni dall’inizio, pensiamo che queste ragioni siano ancora valide, e lo pensiamo a ragion veduta dopo più di 40.000 studenti e 3.000 docenti partecipanti, da tutta Italia e – nell’anno in cui PoliCultura fu il concorso ufficiale di Expo – da tutto il mondo.

In particolare, la nostra sollecitazione principale è questa: come la scuola si è fatta e si fa carico di insegnare a scrivere componimenti, riteniamo che debba anche insegnare cosa significa comunicare in maniera efficace con le nuove tecnologie, combinando sapientemente comunicazione visiva e verbale, considerando le azioni di un fruitore interattivo e “scrivendo” di conseguenza o decidendo come organizzare il “testo” multimediale. È un tipo di comunicazione professionale molto diversa dalla comunicazione sui social media e nella quale la scuola può e deve avere un ruolo.

Riteniamo che questa ragione sia, a 13 anni dall’inizio, ancora valida.”

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