Riconoscere e smontare l’ecoansia prima di andare in ansia

Riconoscere e smontare l’ecoansia prima di andare in ansia

Entro in aula. È pomeriggio, non c’è nessuno. I banchi sono vuoti ma basta che lo sguardo muova dalle prime alle ultime file e subito compariranno i volti dei ragazzi e ragazze di quella classe che per tante ore hai avuto a lezione. Tutti diversi, fragili o spavaldi, diligenti o svogliati. Quelli con buoni voti, quelli con voti sufficienti e quelli che ti preoccupano perché ancora non ingranano e bisogna prenderli per un’altra strada.

Una classe normale, una delle tante che hai accompagnato per qualche anno. Adolescenti in subbuglio e in trasformazione, come è sempre stato, no? Non proprio. Siamo negli anni Venti del terzo millennio e la Terra sta vivendo una seria crisi ecologica. Nel 2022 il sesto Rapporto dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) sulla progressione dei cambiamenti climatici ha ancora una volta confermato la strettissima connessione tra aumento delle temperature medie sulla Terra e attività umane (industria, trasporti, allevamenti intensivi, concentrazione della popolazione in città…). Nel settembre 2023 il nuovo aggiornamento del Stockholm Resilience Center ha calcolato che 6 dei 9 limiti planetari da non oltrepassare per vivere in equilibrio tra esigenze dei sapiens e risorse del pianeta sono stati invece superati. Biodiversità, consumo di suolo e deforestazione, inquinamento chimico del mare, gas serra che continuano a crescere anziché diminuire… Sui social (al tg mica ne hanno parlato) sono rimbalzate le ultime statistiche di Copernicus, il consorzio europeo di centri di ricerca che tiene d’occhio il clima: le temperature di agosto 2024 segnano il nuovo record mondiale di caldo da quando registriamo i dati; inoltre, le Alpi e il Mediterraneo si scaldano più in fretta di altre regioni del mondo.

Moriremo domani? No. Ma proprio qui sta il punto: un avvenimento imprevisto e circoscritto nello spazio che ci travolge in poche ore (un’alluvione, per esempio) è una sorta di “sberla di realtà” e siamo costretti ad affrontarla e a reagire. Un rischio molto ampio, complesso, che intreccia tante questioni scientifiche non facili da comprendere, che si avvicina lentamente e di cui percepisco solo alcuni aspetti proprio non lo capisco.

Ancor di più se sono anziano, in pensione, e più concentrato a godere degli anni che mi restano da vivere che a guardare verso un futuro che non è il mio. Ancor più se sono un boomer occidentale, ben pasciuto e adagiato in una vita dove tutti i consumi che mi hanno insegnato a desiderare sono ancora a portata di portafoglio. Inconsciamente la risposta di chi ha più di 50 anni facilmente può essere questa: “non mi disturbate con scenari foschi, mi fa più comodo non crederci. E poi faccio già la raccolta differenziata e ho comprato il suv elettrico… cosa vuoi ancora? E se insisti con le tue richieste di decrescita ti divento pure negazionista, tiè”.

Torniamo alla nostra classe di studenti assortiti. Anche se non sembra (quanto sottovalutiamo gli adolescenti!) una buona fetta di loro trovano informazioni, riflettono, uniscono i puntini… Poi si guardano intorno e cosa vedono? Una classe in cerca di facile consenso; finanza ed economia agire con miopia per difendere a spada tratta consumi e capitalismo; una classe dirigente mediamente anzianotta che rifugge il confronto; adulti più attenti al proprio ombelicale benessere che ai destini degli ecosistemi. Mettetevi nei panni di questi giovani, intelligenti, informati, sensibili: non vi verrebbe un’ansia pazzesca?

L’eco-ansia, o ansia climatica, nella letteratura scientifica indica esattamente la preoccupazione, la paura o l’ansia cronica legata al destino ambientale del pianeta per via di gravi eventi climatici e dell’immobilismo di chi siede oggi al tavolo delle decisioni. Uno dei primi a parlarne è stato il filosofo ambientale australiano Glenn Albrecht, che nel 2019 ha proposto questa sintesi: 

“L’ecoansia è la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare”.

Negli anni precedenti Albrecht aveva studiato gli effetti dannosi che il boom dell’estrazione del carbone ha avuto sugli abitanti della Upper Hunter Valley, in Australia. I suoi risultati sono confluiti nelle ricerche di un gruppo di psichiatri, sempre australiani, che avevano individuato un nuovo tipo di disturbo dell’umore che, con un neologismo, avevano chiamato “solastalgia”. Ovvero i danni che il cambiamento climatico produce sui luoghi cari a una persona, la nostalgia che una persona può provare se i dintorni della propria casa vengono danneggiati o distrutti. Da allora crescono sempre di più i gruppi di ricerca interdisciplinare (neuroscienze, antropologia, sociologia, psicologia, psichiatria) che studiano gli effetti della crisi climatica sulla salute delle popolazioni, i giovani in particolare.

Sul Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali l’ansia è descritta come una classe di disturbi caratterizzati dalla paura e dalla preoccupazione eccessive, che porta stress (o panico) causato da singoli eventi o da proliferazione di pensieri. Da qui scaturisce la sensazione o convinzione di non esser capaci di fronteggiare il cambiamento. Ed esiste anche un’ansia da prestazione: non esser all’altezza della situazione, non sentirsi preparati abbastanza. Torniamo a metterci nei panni di un ragazzo o una ragazza di 14 anni intelligente, informata, sensibile: non vi verrebbe un’ansia pazzesca?

In Italia non ci sono ancora ricerche o monitoraggi su larga scala per capire quanto questo disagio stia penetrando una generazione (e ricordiamoci che una delle caratteristiche delle persone ansiose è anche la mistificazione). Vi invito a seguire il sito dell’Associazione italiana ansia da cambiamento climatico per rimane aggiornati. Sicuramente si può stare all’erta e fare prevenzione.

Nell’ambito dei progetti per il benessere scolastico, l’educazione ambientale e i percorsi di cittadinanza (tutti descritti da dovizia di circolari) con la vostra classe continuate a proporre e a incrementare l’analisi delle questioni ambientali ma focalizzando l’attenzione su un tema alla volta. Smontare un grosso problema in tanti problemi minori lo rende più affrontabile: da un lato ci sono i dati allarmanti sull’inquinamento atmosferico in città, dall’altro ci sono le scelte di mobilità individuale e personale fatte da ciascun compagno di classe. Soprattutto bisogna essere concreti e puntare alla collaborazione. Una volta smontato un problema si può capire come gestirlo a livello di comunità locale (la classe, la scuola, la famiglia, il condominio) sia per creare attivismo sia per coinvolgere gli adulti. Misurare il cambiamento, raccontarlo, fare reportage, mostrare che i gesti di tutela ambientale sono alla portata di tutti è un’ottima strategia per frenare l’insorgere dell’ecoansia. Provate a sostituire la solita gita alla città d’arte con una gita più scientifica e ambientale: pulire una spiaggia dalla plastica e decidere insieme 10 azioni per contrastare il diffondersi della plastica monouso usa-e-getta. Organizzate un progetto di cittadinanza o un PCTO e sfondo sociale e ambientale insieme.

In sottofondo occorre tener sempre presente un semplice concetto: se una cosa si può fare e fa sicuramente del bene… perché non farla? Occorre fare delle scelte, affermarle e difenderle. Gli adolescenti sono potentissimi, ma difficilmente tutto questo si innesca se sono proprio gli adulti a esser manchevoli. Approvare gli studenti, credere in loro, fiancheggiarli, lasciarli fare da soli (con fiducia, anche se forse sbagliano), aiutarli a smontare regole e combattere insieme burocrazie assurde. L’ecoansia si combatte anzitutto con una nuova alleanza tra le generazioni.

Fonti e approfondimenti 
AR6 Sesto Rapporto di valutazione – IPCC – Focal Point Italia (cmcc.it)
From widespread floods to severe heatwaves, ESOTC 2023 puts Europe’s climate in focus | Copernicus
Surface air temperature for August 2024 | Copernicus
Planetary boundaries – Stockholm Resilience Centre
Confini planetari, le soglie che non possiamo (più) superare | Scienza in rete
La Terra ha superato sei dei nove “confini planetari” – La Nuova Ecologia
AIACC – Associazione Italiana Ansia da Cambiamento Climatico
Eco-ansia: l’impatto del cambiamento climatico sulla salute mentale – IPSICO, Firenze

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