
La rubrica Insegnare latino oggi offre spunti di riflessione e suggerimenti utili per una didattica coinvolgente e innovativa, ma soprattutto per ridare centralità a una materia così importante. Grazie al contributo di docenti e di esperti ed esperte di didattica del latino, ogni mese viene lanciata una proposta utile per la discussione e il lavoro in classe.
La versione proposta quest’anno all’Esame di Stato, tratta da uno scorcio ciceroniano del Laelius – De Amicitia (26-28), affronta il tema dell’amicizia con una sensibilità davvero contemporanea, sollevando un dibattito che ci riguarda da vicino: una relazione simile è improntata all’utilitarismo oppure deve essere motivata da un affetto sincero e disinteressato? Contro alla mentalità pragmatica dei Romani, l’Arpinate ci sorprende ancora una volta, con la chiara perspicuità del suo elegante e, al contempo, serrato incedere argomentativo, ben segnato dagli avverbi primum e deinde, che marcano le “evidenze” a suffragio della tesi presentata dall’oratore-filosofo: una semplice osservazione consente appunto a chiunque di constatare quanto tale legame sia svincolato dalle opportunistiche dinamiche del do ut des, bensì sia improntato all’interscambio di gratuita empatia tra le parti, come accade tra genitori e figli, tanto tra gli uomini quanto nel mondo animale (27).
Ecco dunque che lo stile sorvegliato e studiato di Cicerone suggerisce l’intensità semantica del concetto espresso: il diffuso poliptoto del sostantivo che intitola il suo dialogo (se ne contano ben cinque occorrenze), ma anche il tricolon con variatio dell’ultimo elemento, a concludere ad effetto il paragrafo 26 nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium, in cui l’anafora del pronome indefinito rimarca l’inadeguatezza di delimitare l’amicizia a un mero rapporto di sfruttamento reciproco. Affascina poi l’esteso sigmatismo in chiusa del paragrafo 27 similis sensus exstitit amoris, si aliquem nacti sumus cuius cum moribus et natura congruamus, con cui l’autore pare conferire risalto fonico, e dunque espressivo, all’idea di somiglianza che agisce da fattore unificante tra due spiriti affini. Mirabile è poi la tornitura del passo che, in composizione anulare, recupera e rilancia l’anafora esordiale, ribattuta dall’asindeto, del nihil (28: Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum), ove compare il verbo iterato più avanti diligo: come già evidente nel repertorio lessicale impiegato da Catullo (per esempio, c. 72), è la conferma di quanto l’amicitia implica una scambievole scelta, un’affinità elettiva – per dirla con Goethe – che funge da faro del nostro agire morale (lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur: si notino, oltre alla metafora visuale del lumen, anche la compresenza di espressioni che rimanda alla sfera semantica della vista, come perspicere, con il preverbio a comunicare la profondità multiprospettica dell’azione verbale).
Questo brano può quindi evocare alla memoria del lettore contemporaneo la tragica vicenda di Eurialo e Niso narrata da Virgilio nel IX libro dell’Eneide, sommo esempio di amicizia che supera la morte, grazie alla disponibilità al sacrificio in nome di un legame che supera il contingente storico. Come non ricordare poi l’epistula 47 di Seneca, ove anche lo schiavo diventa un confidente su cui fare assegnamento, proprio come un amico. Per quanto riguarda la letteratura italiana, in linea di continuità, sovviene la lirica In memoria di Ungaretti, in cui il poeta celebra il ricordo dello scomparso, cui lo unisce ancora un intenso ricordo sancito dall’amicizia, garanzia di eternità in un mondo transeunte. Insomma, questa versione ricorda anche alle ragazze e ai ragazzi di oggi l’importanza non solo di avere followers nel villaggio globale della rete, ma ricorda loro (e a tutte e tutti noi) l’importanza di avere al nostro fianco autentici contubernales, che ci aiutino a crescere e diventare persone sempre migliori (come non citare l’Aristotele dell’Etica Nicomachea, in cui lo Stagirita parla proprio di sumphilosophein, cioè “passare il nostro tempo con gli amici a filosofeggiare”, cioè ad arricchirsi vicendevolmente dal punto di vista umano e culturale?). Per concludere nel segno ciceroniano, a prescindere dagli esiti che riporteranno, l’auspicio è che studentesse e studenti serbino sempre il ricordo del monito ciceroniano: sine amicitia vitam esse nullam.
Se anche voi siete appassionati del Latino, se considerate questa materia essenziale per la formazione e la crescita, se avete proposte didattiche e idee da condividere con colleghi e colleghe, scriveteci a insegnare.latino.oggi@gmail.com.