Guerra in Ucraina e cooperazione: la voce di Caritas Ambrosiana (parte 2)

Guerra in Ucraina e cooperazione: la voce di Caritas Ambrosiana (parte 2)

Proseguiamo nella presentazione dell’operato di Caritas Ambrosiana a sostegno della popolazione ucraina, mettendo a fuoco le attività organizzate sul territorio della Diocesi di Milano. L’arrivo dei profughi in Italia ha fatto emergere una grande disponibilità all’aiuto e all’accoglienza da parte di associazioni, famiglie e privati: una risposta che Caritas Ambrosiana ha contribuito a indirizzare e rendere più efficace. Per conoscere più da vicino queste iniziative e lo spirito che le anima, abbiamo intervistato Chiara Colombo, coordinatrice per le attività pro Ucraina nella Diocesi di Milano.

Chiara, ci puoi illustrare qual è stato il ruolo di Caritas Ambrosiana per rispondere al flusso di profughi in arrivo entro i confini italiani?

In situazioni di emergenza di questo genere, il primo obiettivo di Caritas Ambrosiana è raccontare, comunicare al territorio, alle parrocchie e alle comunità locali che cosa sta accadendo e quale è la richiesta di aiuto. Un compito delicato e a volte complicato, che è stato svolto attraverso comunicati e notizie pubblicate sul sito ufficiale. È importante tracciare il contesto della crisi e mettere in luce i bisogni reali a cui si è chiamati a dare risposta.

Operativamente, all’inizio il messaggio principale rivolto alla rete dei contatti è stato di non raccogliere cibo e vestiti per organizzare spedizioni in Ucraina, ma di contribuire alla nostra raccolta fondi per consentire alle Caritas ucraine e dei Paesi limitrofi di acquistare in loco i generi di prima emergenza, di cui conoscevano la reale necessità.

Con i primi arrivi dei profughi ucraini sul nostro territorio, abbiamo informato puntualmente e con aggiornamenti continui in merito agli aspetti burocratici e alle regole sanitarie da seguire in relazione alla pandemia di COVID-19. Inoltre abbiamo raccolto le disponibilità all’accoglienza e attivato un dialogo con le istituzioni di riferimento, in particolare le Prefetture e la Protezione Civile.

Anche in questo caso Caritas vanta una tradizione di collaborazione con le istituzioni che le ha consentito di attivarsi con rapidità ed efficienza. Una delle prime azioni è stata la firma di una convenzione con la Prefettura di Milano attraverso la cooperativa Farsi Prossimo (ente del sistema Caritas), per un totale di 190 posti dedicati all’accoglienza dei profughi ucraini.

Uno dei momenti ricreativi organizzati da Caritas Ambrosiana per i bambini ucraini nelle parrocchie della Diocesi (Foto Caritas Ambrosiana)

Oltre alle istituzioni, anche i cittadini hanno dato un loro contributo? Come lo avete gestito?

La risposta “popolare” è stata molto forte. Le risorse di Caritas sono state impiegate nella gestione di un’onda emotiva molto intensa da parte di numerosi cittadini (famiglie o singoli), che fin da subito hanno dato la loro disponibilità ad accogliere gli ucraini in fuga dalla guerra. Le richieste di questo tipo sono state veramente moltissime; alla fine ne abbiamo raccolte circa 4000.

La scelta di Caritas è stata quella di prediligere le disponibilità all’accoglienza degli enti già strutturati, come le parrocchie. Questo perché, non sapendo come si sarebbe evoluta la crisi né per quanto tempo si sarebbe protratta, non si è voluto coinvolgere massicciamente i privati nell’organizzazione di un’accoglienza che si profilava duratura e impegnativa.

Si è scelto uno stile di buon senso e concretezza, che ha evitato di seguire l’onda emotiva, cercando invece razionalizzare gli interventi per renderli più realistici ed efficaci, al di là del momento emergenziale.

L’accoglienza nella Diocesi di Milano si concretizza anche attraverso laboratori di lingua italiana; nell’immagine una lezione tenuta al Centro COME della cooperativa Farsi Prossimo (Foto Centro COME – Cooperativa Farsi Prossimo, Caritas Ambrosiana)

Dati e numeri sono molto importanti per comprendere una situazione, anche di emergenza e crisi come quella relativa all’Ucraina. Potete darci un’idea quantitativa del vostro intervento sul territorio della Diocesi milanese?

Oggi Caritas mette a disposizione delle istituzioni in totale 350 posti per l’accoglienza dei profughi: 90 in una struttura collettiva destinata già prima all’accoglienza degli stranieri e ora interamente dedicata agli ucraini; 260 diffusi nel territorio della diocesi, in appartamenti privati e soprattutto nelle parrocchie, che hanno reso disponibili spazi ben attrezzati. Ad oggi sono transitate in questi posti oltre 450 persone.

Accanto a questa accoglienza “strutturata” se n’è formata un’altra, più “informale”: la maggior parte delle persone fuggite e arrivate in Italia ha raggiunto familiari o amici già residenti nel nostro Paese, i quali hanno cercato di organizzarsi accogliendo in casa propria o attivando reti di conoscenti e amici, sia ucraini che italiani.

Tanti fra coloro che non potevano far conto su questa rete di sostegno parentale si sono rivolti alle parrocchie del territorio di approdo, le quali hanno attivato soluzioni immediate mettendo a disposizione appartamenti, strutture e spazi di loro proprietà e coinvolgendo le loro reti di volontari, le Caritas territoriali, i comuni e le altre associazioni del territorio. In particolare le parrocchie delle diocesi di Milano hanno accolto oltre 600 persone, e come Caritas abbiamo deciso di sostenere queste accoglienze con aiuti economici e con progetti volti a rispondere ai bisogni emersi in un secondo tempo, come quello scolastico, lavorativo, sanitario ecc..

Infine le Caritas parrocchiali e i loro Centri di ascolto hanno sostenuto le varie esigenze dei profughi presenti sui propri territori (richiesta di viveri, guardaroba, informazioni). Abbiamo stimato che questi aiuti hanno portato il numero delle persone accompagnate a qualche migliaio.

La vostra accoglienza ha anche aspetti che riguardano la dimensione culturale?

Caritas ha voluto sostenere i profughi non solo dal punto di vista materiale ed economico, un aspetto che è stato fondamentale soprattutto nella prima fase; ma ha cercato di stimolare e coinvolgere le parrocchie ospitanti anche sull’inclusione.

Per questo Caritas ha messo a disposizione delle parrocchie una serie di contributi economici per organizzare, ad esempio, momenti ricreativi di scambio reciproco, per implementare le scuole di lingua italiana per stranieri, o ancora per dotare i bambini di kit scolastici per la loro frequenza nelle classi e per garantire la loro partecipazione alle attività sportive.

È un modo per fare comunità, instaurare legami che vadano oltre le dinamiche di un meccanico “dare e ricevere”, creare occasioni di scambio culturale e di valorizzazione dei saperi e delle tradizioni di ciascuno.

Un laboratorio di preparazione all’ingresso a scuola, tenuto dalla cooperativa Farsi Prossimo: l’inserimento nell’ambiente didattico è uno dei passaggi fondamentali per l’integrazione dei minori ucraini (Foto Cooperativa Farsi Prossimo, Caritas Ambrosiana)

Nella vostra esperienza diretta, avete incontrato anche casi di disagio psicologico tra la popolazione in fuga dalla guerra? Che risposta avete dato?

Dopo la fase iniziale, concentrata esclusivamente sulle emergenze primarie, l’intervento di Caritas si è spostato anche su altri bisogni, che via via emergevano nelle situazioni di accoglienza.

Il sostegno psicologico si è reso necessario in una seconda fase di intervento, quando sono arrivate persone che avevano sperimentato dal vivo i bombardamenti e la paura concreta dell’invasione militare. È ancora vivo il ricordo dei pullman giunti a Milano direttamente da Mariupol, nei giorni degli attacchi russi, da cui scendevano adulti e bambini spaesati e atterriti da qualsiasi rumore sconosciuto o inatteso: queste situazioni ci hanno spinto a trovare modi e strumenti concreti di vicinanza e sostegno psicologico, oltre all’aiuto materiale.

È quindi nato un progetto di supporto psicologico, che si è tradotto in momenti di confronto comune e di counseling per far emergere e condividere le emozioni, e in un accompagnamento psicologico nei casi più difficili.

Laboratorio artistico per bambini in una delle parrocchie della Diocesi (Foto Caritas Ambrosiana)

Altri progetti hanno l’obiettivo di creare un clima propizio alla comunicazione e allo scambio culturale. Si sono organizzati quindi momenti di svago e ricreazione (in estate i bambini ucraini sono stati inseriti negli “oratori estivi” delle parrocchie), come anche visite alla città in collaborazione con associazioni e musei per accrescere la conoscenza del territorio e l’inclusione nella comunità ospitante.

Tutte queste attività sono coordinate da Caritas Ambrosiana; i progetti sono messi a disposizione della nostra rete di accoglienza istituzionale e delle singole parrocchie.

La visita nella città di Milano è uno dei momenti di svago che ha lo scopo di far conoscere il territorio e di favorire l’aggregazione (Foto Cooperativa Farsi Prossimo, Caritas Ambrosiana)

Ormai sono passati mesi dall’inizio del conflitto. Come evolverà l’impegno di Caritas Ambrosiana per far fronte a questa emergenza umanitaria? 

L’impegno di Caritas è sempre stato quello di portare un sostegno non solo concreto ma anche “illuminato”: le nostre iniziative, in Italia e all’estero, hanno una prospettiva ampia e cercano di considerare uno scenario che vada oltre il momento dell’emergenza.

Anche nel caso della crisi Ucraina, sappiamo che il nostro contributo non potrà che essere duraturo e costante per assicurare serietà ed efficacia a una progettualità che si ispira a principi di solidarietà e ha a cuore la giustizia sociale e l’obiettivo di una convivenza pacifica.

Per sostenere i progetti di Caritas Ambrosiana a favore del popolo ucraino

Metà delle persone scappate dall’Ucraina a causa della guerra sono bambini. I minori accolti al confine moldavo hanno la necessità di continuare a studiare: per aiutarli, è possibile contribuire al progetto “Regali solidali” per regalare un kit scolastico.

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