La nuova rubrica Insegnare latino oggi offre spunti di riflessione e suggerimenti utili per una didattica coinvolgente e innovativa, ma soprattutto per ridare centralità a una materia così importante. Grazie al contributo di docenti e di esperti ed esperte di didattica del latino, ogni mese viene lanciata una proposta utile per la discussione e il lavoro con le classi del biennio e del triennio.
Lo diceva già Quintiliano, nella sua Institutio oratoria (I, 3, 8-12), che l’intervallo e il gioco sono molto utili per la formazione di bambini e adolescenti. In effetti gli antichi Romani, forse più di noi, dedicavano buona parte del loro tempo al divertimento e alle attività ludiche. Lo stesso aggettivo, “ludico”, rimanda al latino ludus (“gioco, divertimento, scherzo”), con le sue alternative lusus (“scherzo, burla”) e iocus (“scherzo, burla”), da cui deriva il nostro italiano “gioco”.
A Roma giocavano tutti: adulti e bambini, da soli o in gruppo, per divertimento e per passatempo.
I giochi preferiti dai bambini romani erano il par impar (quasi uguale al nostro “pari e dispari”, con la differenza che i bambini tenevano nella mano sassolini o noci e invitavano l’avversario a scoprire se fossero in quantità pari o dispari) e il capita et navia (identico al nostro “testa o croce”, in cui si lanciava in alto una moneta e si doveva indovinare quale faccia sarebbe rimasta in evidenza, quella con l’effige del dio o quella con la nave). Oltre a ciò, i ragazzi giocavano molto con le noci (o mettendole una sopra l’altra senza farle cadere o cercando di lanciarle all’interno di un recipiente), imitavano gli adulti o gli animali e utilizzavano infine oggetti importati dall’Oriente e ben noti e apprezzati anche oggi, come l’altalena e l’aquilone.
Per quanto riguarda gli adulti, amavano molto il gioco d’azzardo e utilizzavano il talus (“astragalo”, cioè l’osso del tarso di un piede umano), che nel contesto del gioco indicava una specie di dado da lanciare, fatto con ossa lunghe e sottili di animale e con quattro facce, nonché la tessera, ovvero il dado per giocare, fatto di sei facce (spesso, tra l’altro, i partecipanti perdevano grosse cifre giocando d’azzardo con le tesserae). I Romani amavano tuttavia anche i giochi di strategia, costituiti da una sorta di scacchiera, chiamata tabula lusoria (“tavola da gioco”), su cui venivano mossi pezzi di pietra (calculi) secondo regole simili a quelle della nostra dama o degli scacchi.
Oggi, alcuni giochi di società e videogiochi sono ispirati agli antichi ludi Romani della classicità o ambientati in quell’epoca: per esempio, S.P.Q.Risiko, giocato sui territori dell’Impero Romano. Tra i videogiochi possiamo citare Age of Empires: Rise of Rome e Rome: Total war, senza dimenticare Shadow of Rome, in cui i giocatori cercano di scoprire chi ha ucciso Giulio Cesare, in compagnia di personaggi storici come Ottaviano e Agrippa.
Anche il videogioco tratto dal celeberrimo capolavoro di J. K. Rowling, Harry Potter, ha una certa quantità di latino al suo interno, proprio perché si ispira alla fortunata serie di libri fantasy. Basti pensare ai nomi di molti personaggi, che suggeriscono una singolare contaminazione tra la lingua anglosassone (in traduzione italiana) e il latino: non a caso Severus Piton è l’austero e rigido professore, a capo della casa di Serpeverde. Mentre Remus Lupin, il lupo mannaro che cerca di nascondere la sua natura, non potrebbe avere un nome più rivelatore: Remus, come uno dei gemelli fondatori di Roma, allattati da una lupa, e Lupin, da lupus.
Anche le formule magiche utilizzano un latino che ai più apparirebbe maccheronico: tra queste possiamo ricordare, per esempio: expecto Patronum (crea un protettore contro il male), depulso (allontana da sé le cose), cave inimicum (allarme per il nemico in arrivo), cucurbita (trasforma in zucca).
L’insegnante, dopo aver proiettato in classe alcuni spezzoni ad hoc, può assegnare agli alunni e alle alunne una ricerca, in modalità Flipped Classroom, sulle formule magiche del romanzo e del film di Harry Potter. In classe può, poi, commentare insieme la corrispondenza tra il termine latino della formula e l’effetto sortito dalla stessa, divertendosi a individuare, nel contempo, la correttezza dei vocaboli latini utilizzati dalla Rowling.