Come la previsione del futuro influenza il controllo motorio volontario

Come la previsione del futuro influenza il controllo motorio volontario

Muovere il nostro corpo sembra semplice a livello conscio, in realtà ogni azione è il risultato di un complesso processo che permette di coordinare alla perfezione la contrazione e il rilassamento dei muscoli, in modo da ottenere un movimento estremamente preciso e posizionare gli arti nel punto esatto e al momento esatto. Data questa complessità, poter costruire aspettative su ciò che succederà intorno a noi nell’immediato futuro ci permette di reagire con leggero anticipo e interagire con il mondo in modo più efficace. Il cervello, letteralmente, prevede il futuro, immaginando che cosa succederà nei prossimi millisecondi e reagendo a questa previsione.

Facciamo un esempio. Immaginate che qualcuno calci un pallone, e voi vogliate prenderlo. Per poter intercettare la palla, il nostro piede dovrà essere già in posizione prima che il pallone raggiunga lo stesso punto dello spazio. Il nostro cervello, sapendo da dove la palla è partita e osservandone il movimento, stima la traiettoria e decide un piano di azione sulla base di questa previsione.
Questo tipo di azione, basato sulla previsione del futuro però, è possibile solamente quando il movimento è sotto il controllo del cervello e può quindi essere influenzato e aggiornato in linea con la rappresentazione di ciò che succederà a breve. È il caso dei movimenti volontari. Non è invece possibile modificare un movimento involontario sulla base della previsione del futuro. Vediamo perché.

Visualizzazione della posizione dell’area motoria su entrambi i lati del cervello. Veduta dall’alto e dorsale.

Come nasce un comportamento volontario?

Quando vediamo il nostro amico calciare la palla e ne seguiamo con gli occhi la traiettoria, questa informazione visiva viene raccolta nel cervello, il quale è in grado di prevedere, in base a esperienze precedenti, dove e quando la palla si muoverà decidendo quale movimento mettere in atto. Una volta scelta l’azione da compiere, la parte del cervello dedicata al controllo dei movimenti, chiamata area motoria, manda un segnale ai muscoli.
L’area motoria è una striscia di neuroni sulla superficie del cervello che, partendo circa dal punto più alto del cranio, scorre lateralmente arrivando poco sopra le orecchie. Ci sono due aree motorie, una sopra l’orecchio destro e una sopra l’orecchio sinistro. Ognuna di queste due aree controlla una metà del corpo. Curiosamente il controllo del corpo è controlaterale. Questo vuol dire che l’area motoria a sinistra controlla la parte destra del corpo, mentre l’area motoria a destra controlla la parte sinistra.

Una volta che il segnale che determina l’azione da compiere è stato inviato e ha lasciato l’area motoria, questo viene trasportato al midollo spinale e da lì a tutti i muscoli coinvolti.
Il processo di controllo di un movimento volontario, quindi, passa per il cervello e questa è la caratteristica che permette al controllo cosciente di influenzare l’esito dell’azione.

Movimenti involontari: la scorciatoia dei riflessi

Un esempio di movimento involontario, chiamato riflesso, si ha quando ritiriamo la mano molto in fretta in seguito ad uno stimolo doloroso, come toccare un oggetto appuntito o un piatto inaspettatamente troppo caldo. In questi casi, ci rendiamo conto di esserci fatti male, o di aver rischiato di farci male, soltanto dopo che la nostra mano è già stata ritirata e messa al sicuro, lontano dall’oggetto pungente o dal piatto caldo.
Alcuni movimenti importanti per il nostro benessere e la nostra sopravvivenza vengono, infatti, controllati attraverso una scorciatoia per permetterci di reagire più in fretta.
Elaborare l’informazione percettiva nel cervello per poi mandare il comando ai muscoli è in effetti un percorso lento, nella scala temporale della comunicazione tra neuroni. Se questo percorso fosse usato anche per ritirare la mano dal piatto caldo ci sarebbe il rischio di un serio danno alle cellule della pelle.
Nel caso dei riflessi, viene dato un comando ai muscoli escludendo il passaggio dell’informazione dal cervello. L’informazione sensoriale arriva al midollo spinale dove si attivano direttamente i neuroni responsabili del controllo muscolare causando una risposta pressoché immediata. Il segnale prende quindi una scorciatoia.
Uno dei riflessi più famosi si chiama “riflesso patellare” ed è molto comune incontrarlo nelle visite mediche. Per stimolare questo riflesso i dottori picchettano dolcemente un martelletto poco sotto il ginocchio causando un’estensione improvvisa e involontaria della gamba. Questo è un riflesso che ci aiuta a camminare in modo efficace automatizzando la contrazione e il rilassamento dei muscoli e permettendoci di reagire in fretta a piccoli cambi inaspettati della superficie su cui ci troviamo. I dottori però usano questa misura per controllare il funzionamento dei neuroni nel midollo spinale.

Il ruolo dell’aspettativa cosciente nei due tipi di movimento

Dato che il controllo dei riflessi non passa dal cervello, è quasi impossibile esercitare un controllo cosciente su questi movimenti involontari anche se possiamo prevedere quando il movimento verrà stimolato. Al contrario, un movimento volontario può essere in parte influenzato dalle aspettative e dalle nostre decisioni perché il cervello può integrare molte più informazioni in un segnale generato al suo interno e moderarlo in funzione di ciò che conosce. Ad esempio quando portiamo un vassoio pieno di oggetti pesanti in equilibrio su una sola mano è essenziale che siamo noi stessi a togliere oggetti se vogliamo evitare che cadano sul pavimento. Questo succede perché il braccio sta esercitando la giusta forza necessaria a contrastare il peso degli oggetti. Quando un oggetto viene tolto, il peso diminuisce e bisogna ridurre la forza applicata dal nostro braccio per evitare di spingere il vassoio verso l’alto. Per mantenere il vassoio in equilibrio è necessario diminuire la forza applicata dal braccio nel momento esatto in cui l’oggetto viene rimosso. Se siamo noi stessi a rimuovere l’oggetto il cervello è capace di calcolare e prevedere come e quando diminuire la forza applicata dal braccio in modo da mantenere tutto in equilibrio. Se, invece, è qualcun altro a togliere gli oggetti, il cervello non ha le informazioni necessarie per calcolare questa transizione in anticipo e può reagire al cambio di peso sul vassoio soltanto dopo che l’oggetto è stato rimosso. Quindi per qualche frazione di secondo il braccio esercita sul vassoio molta più forza del necessario e gli oggetti rimasti cadranno.

Il controllo volontario e involontario dei movimenti è quindi molto differente ed evidenzia una dicotomia tra la velocità di reazione e la possibilità di controllare e moderare le azioni più finemente adattandole al contesto. Avere un equilibrio tra questi due processi ed essere in grado di passare flessibilmente da un sistema di controllo all’altro è essenziale per interagire in modo efficace con il mondo circostante.

FARE SCIENZE: Testiamo il ruolo del controllo volontario nei tuoi movimenti!
Per prima cosa, creiamo l’esperimento.
Sappiamo che abbiamo due variabili da considerare, con due condizioni ciascuna:
> il tipo di movimento:
a. volontario
b. involontario
> possibilità di prevedere ciò che succederà a breve
a. movimento iniziato da noi stessi
b. movimento iniziato da qualcun altro
Combinando queste variabili abbiamo quattro condizioni. Vediamo come verificarle.


1. Movimento involontario innescato da altri
Guardate questo video dal minuto 4:23 al minuto 4:30. Nel video, un dottore stimola il riflesso patellare in un paziente. In questo caso l’aspettativa non può giocare alcun ruolo sia perché l’azione è stimolata da qualcun altro, sia perché si tratta di un riflesso.

2. Movimento involontario innescato da noi stessi
Stando seduto su una sedia e tenendo le gambe rilassate, picchietta piano con il dorso della mano la tua gamba, poco sotto il ginocchio. La parte inferiore della gamba si estenderà leggermente. Se la gamba non si estende non vi preoccupate, non è facile trovare il punto giusto. In questo caso, trattandosi di un riflesso, nonostante siamo noi stessi a iniziare il movimento non possiamo decidere di non muovere la gamba.

3. Movimento volontario innescato da altri
Mettete una bottiglia di acqua chiusa su un vassoio e tenete il vassoio in equilibrio su una mano. Chiedete poi a qualcuno di togliere la bottiglia. Mentre la bottiglia viene tolta, concentratevi sul tenere il vassoio immobile. Per quando vi concentriate, nel momento in cui la bottiglia viene rimossa, vedrete il vassoio muoversi verso l’alto. Il movimento verso l’alto sarà ancora più accentuato se chiudete gli occhi durante l’esperimento, riducendo ulteriormente la possibilità che il vostro cervello possa prevedere ciò che succederà.

4. Movimento volontario innescato da noi stessi
Rimettete poi la bottiglia sul vassoio e toglietela nuovamente. Stavolta però, toglietela voi stessi con un movimento lento usando la mano libera. Vi accorgerete che in questo caso il movimento verso l’alto del vassoio, seppur presente, è quasi impercettibile. Questo succede perché, al contrario di tutte le condizioni precedenti, state compiendo una combinazione di movimenti volontari tutti sotto il vostro controllo e sui quali quindi potete costruire una previsione che permette al vostro cervello di sapere con leggero anticipo quali aggiustamenti dare a muscoli e articolazioni.

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