I media ci tengono costantemente aggiornati sulla diffusione di SARS-CoV-2 new coronavirus. Più difficile è trovare informazioni di tipo tecnico ossia di come il virus si è evoluto, di come penetra nelle cellule e danneggia i tessuti respiratori. Proviamo a riassumere brevemente le caratteristiche biologiche del virus e le sue modalità di azione.
Come penetra nelle cellule? Come danneggia il tessuto respiratorio? In che modo è trasmesso da una specie all’altra?
SARS-CoV-2, questo è il nome del virus, è il settimo corona virus patogeno per l’uomo, la famiglia a cui appartiene quella dei coronaviridae, una famiglia di virus a base di RNA che infetta diverse specie di mammiferi.
Secondo le ultime notizie dal mondo scientifico sembra che il virus provenga dal pipistrello e abbia avuto come ospite intermedio il pangolino, un formichiere squamoso, una specie protetta, a oggi venduta clandestinamente nel mercato di animali asiatici (come mostra l’articolo apparso sulla rivista Nature dell’11/03/2010): sembra infatti che la sequenza genica del coronavirus del pangolino sia simile a SARS-CoV-2 al 99%.
Il passaggio di un virus da una specie all’altra è un evento molto raro, ma possibile perché la frequenza di mutazioni del genoma virale è talmente alta che permette a questo minuscolo essere vivente di adattarsi ad altre specie e stabilizzarsi nella popolazione, ossia diffondersi attraverso il contagio. Il passaggio dal pipistrello al pangolino ha permesso al virus di ricombinarsi e acquisire dei geni che gli permettessero di infettare la specie umana.
La chiave per infettare l’organismo umano
SARS-CoV-2 ha una sequenza molto simile al coronavirus che ha originato la SARS nel 2003 (circa l’82% di omologia della sequenza genica) e penetra all’interno delle cellule epiteliali del tessuto respiratorio grazie allo stesso recettore: Ace2.
In pratica, sulla superficie del virus si trova una proteina “spike”, cioè una sorta di chiave che si adatta a una delle serrature che sono presenti sulla superficie delle cellule del sistema respiratorio umano, ossia il recettore Ace2. Una volta legato il recettore Ace2, il virus è in grado di penetrare all’interno della cellula, si forma una sorta di invaginazione nella membrana che fagocita la particella virale.
Una volta dentro la cellula il virus comincia il suo ciclo. Essendo composto da RNA e poche proteine che formano l’involucro, il virus non è in grado di replicarsi da solo, così deve utilizzare gli apparati della cellula. Il virus durante l’infezione si duplica migliaia di volte, si diffonde all’interno dell’organismo e contemporaneamente infetta altri organismi grazie alle secrezioni mucose, prodotte a seguito dei sintomi della malattia.
L’infezione provoca dei sintomi specifici: nel caso della SARS l’infezione scatenava un’abnorme produzione di fibrina, una proteina che serve al sangue per coagularsi, che depositandosi sul tessuto polmonare impediva gli scambi gassosi, creando un’insufficienza respiratoria che in alcuni casi portava alla morte.
I virus nella stragrande maggioranza dei casi non hanno un tasso di letalità molto alta, questo gli permette di sopravvivere all’interno della popolazione target, se il virus uccidesse tutti gli ospiti e molto rapidamente, non avrebbero possibilità di diffondersi.
Se il virus della SARS aveva una letalità del 11%, a oggi per il SARS-CoV-2 si parla del 2-3%. Per essere più precisi parliamo di “proportion of fatal cases (PFC)” che si ottiene dividendo il numero di morti causate dall’infezione per il numero dei casi diagnosticati; per dare un parametro di riferimento per quanto riguarda SARS-CoV-2 la PFC è per il momento del 2% (circa 20 volte superiore a quella dell’influenza stagionale).
Per trovare la cura bisogna conoscere il virus
Isolare e sequenziare il suo genoma in diverse aree geografiche ha permesso di conoscere alcune sue caratteristiche e valutarne la variabilità oltre che studiare potenziali terapie o vaccini.
Allo stato attuale non sono a disposizione vaccini ne farmaci specifici. Come per la SARS, si sta valutando l’utilizzo di farmaci antivirali (inibitori delle proteasi o della polimerasi virale), ossia che bloccano la replicazione del virus all’interno della cellula, ma l’efficacia di questi farmaci sulla SARS non è mai stata comprovata.
Altri farmaci potrebbero essere gli antagonisti del recettore Ace2, ossia molecole che si legano al recettore della cellula impedendo che questo leghi il virus facendolo penetrare al suo interno.
Ma il vaccino può essere la soluzione? Sviluppare un vaccino è molto diverso da sviluppare un farmaco, i vaccini servono a prevenire l’infezione: sono minuscoli frammenti del virus che non causano la patologia ma stimolano l’organismo a produrre anticorpi contro il virus.
A parte il fatto che non sono agenti terapeutici, per sviluppare un vaccino ci vuole del tempo, più che altro perché deve essere sottoposto a dei trials clinici per valutarne dosaggio e tossicità verso l’organismo umano, e questo richiede tempo.
SARS-CoV-2 è un virus subdolo, soprattutto per la dimostrata capacità di trasmissione virale da persona a persona, in fase d’incubazione asintomatica, oltre che in fase di malattia conclamata. Questo fa si che contenere l’epidemia possa risultare in un primo tempo più difficoltoso rispetto alla SARS. Probabilmente come la SARS il cordone sanitario porterà a isolare il virus in una porzione di popolazione, in modo da non dare più la possibilità al virus di diffondersi, non avendo più ospiti da infettare. La SARS è stata debellata definitivamente nel 2003 e dal 2004 non si sono verificati più casi.