Vi è mai capitato di parlare di disabilità e sentirvi imbarazzati nel non trovare le definizioni o le parole giuste? Vi siete mai trovati a zittire un bambino che chiedeva ‘cos’ha fatto quella ragazza in carrozzina?’, per evitare situazioni spiacevoli? Avete mai condiviso sui social media un post sulla storia di una persona disabile, soltanto perché ne sentivate il dovere morale? Avete mai paragonato la vostra vita a quella di una persona disabile per sentirvi in una condizione di superiorità?
Se avete risposto SI a queste quattro domande allora la lettura delle informazioni che troverete in questo articolo potrà essere rilevante per voi. Tanto più se vi trovate ad educare una nuova generazione di futuri adulti e se parlare di disabilità in classe in passato vi ha evocato sensazioni di paura, confusione, torto, imbarazzo.
Non è grave e non siete gli unici a provare queste sensazioni ma oggi possiamo dire di avere una maggiore consapevolezza e conoscere migliori strategie per parlare delle persone con disabilità, la più grande minoranza discriminata al mondo: si tratta infatti di oltre un miliardo di persone, oggi più del 15% della popolazione mondiale ha una ridotta capacità di interazione con l’ambiente sociale in cui vive.
La probabilità quindi di avere uno studente in classe con una disabilità fisica, sensoriale o intellettivo-relazionale non è così bassa e le ricerche ci dicono che queste percentuali di incidenza sono destinate a crescere: abbiamo migliorato le conoscenze mediche che ci permettono di diagnosticare precocemente e trattare alcune malattie causa di disabilità permanenti ma siamo anche in grado di essere più precisi nel riconoscere le neurodivergenze, di far sopravvivere i nostri bambini nati prematuramente, noi tutti viviamo più a lungo con il rischio di sviluppare condizioni di disabilità per almeno un terzo della nostra vita.
Una popolazione, quella degli studenti con disabilità, che ci richiede di mettere in pratica nuove strategie in classe, per scoprirne i diversi talenti e per sfruttare al massimo il loro potenziale di apprendimento inesplorato, che spesso si nasconde dietro diagnosi e presunzioni di certezze metodologiche.
Con la Fondazione Fightthestroke, che si occupa di bambini e giovani adulti con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile, abbiamo elaborato negli anni alcuni consigli pratici per adattare il proprio insegnamento e ridurre le barriere tra lo studente con disabilità e l’ambiente in cui vive:
- Non presumere: non basatevi solo su diagnosi funzionali da laboratorio o sugli impedimenti fisici evidenti al primo sguardo; oltre il 70% delle disabilità sono invisibili e peccare di presunzione o farsi condizionare dai propri bias cognitivi può portarci facilmente ad un errore di valutazione o alla mancanza di oggettività di giudizio, condizionando così future valutazioni.
- Non usare l’approccio ‘One size fits all’ (un approccio unico): non importa quanti bambini autistici abbiate incontrato nel vostro percorso, se cambia il contesto e cambia la persona sarà necessario rivedere i propri metodi, ripartire da una valutazione iniziale scevro da ogni pregiudizio e permettere alla persona di autodeterminarsi, nei propri bisogni e nelle proprie aspirazioni.
- Non girare intorno all’argomento disabilità: far finta di nulla, riferirsi a condizioni aspirazionali di ‘normalità’ o usare eufemismi rallenta soltanto il processo di inclusione nell’ambiente classe e nasconde i talenti; no quindi a espressioni come ‘il tuo compagno speciale’ o ‘un alunno diversamente abile’. Nel dubbio, chiedete in prima battuta al bambino o al ragazzo come vuole che si parli di lui, non ai genitori o ai medici.
- Educare tutta la classe a comportamenti e linguaggi non abilisti: l’abilismo è l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità ed è necessario contrastarlo per creare un ambiente di apprendimento sicuro e che faccia fiorire i talenti. State affrontando l’argomento delle Olimpiadi nell’antica Grecia? Non perdete l’occasione di parlare anche delle Paralimpiadi, senza toni ispirazionali o dipingendo gli atleti con disabilità come dei supereroi.
- Alfabetizzare tutta la comunità educante sulle diverse condizioni di disabilità, soprattutto attraverso i dati: per cambiare la cultura svalutante nei confronti delle persone con disabilità, è necessario far conoscere a docenti e discenti (tutti) le caratteristiche peculiari di queste diverse condizioni, sapere quanti alunni con disabilità ci sono, che opportunità di studio hanno, quanti di loro proseguono in un percorso di istruzione terziaria. Un punto di partenza per creare questa conoscenza diffusa può essere il portale ‘Disabled Data’: https://disableddata.fightthestroke.org/
- Utilizzare le tecnologie assistive come alleati: oggi la tecnologia permette di superare molte barriere, non solo fisiche ma sempre più legate ai diversi ambienti offline e online di vita, di apprendimento, di lavoro. Uno studente con dislessia a scuola potrà avvalersi non più solo delle mappe mentali ma anche degli strumenti di lettura immersiva o della sintesi vocale e spesso senza ricorrere a software aggiuntivi o a pagamento: le associazioni di riferimento per una particolare condizione di disabilità hanno già mappato l’esistenza di questi strumenti, non esitate nell’averle tra i vostri alleati per accelerare la conoscenza degli alunni.