Cambiamenti climatici ed eventi meteo estremi

Cambiamenti climatici ed eventi meteo estremi

Si sente spesso dire che il cambiamento climatico, e in particolare l’aumento delle temperature medie atmosferiche e oceaniche, farà aumentare la frequenza e l’intensità degli “eventi meteo estremi”. Che cosa significa di preciso? Con l’espressione eventi meteo estremi si intendono fenomeni meteorologici inattesi o dallo sviluppo imprevedibile, di grave entità o fuori stagione. Si intende cioè “estremo” in senso statistico: non qualcosa che non è mai successo in passato, bensì qualcosa che sta agli estremi (o, per chi si intende di distribuzioni di probabilità, nelle “code”) delle rappresentazioni statistiche per quel tipo di fenomeni.

Possiamo quindi definire estremi quegli eventi meteorologici con caratteristiche molto rare relativamente a un certo contesto geografico o stagionale. Per esempio, la neve a luglio a Trapani sarebbe un evento meteorologico estremo, così come l’assenza di temperature sotto zero a gennaio sulle Alpi.

Un allagamento, una tempesta di neve, un’ondata di calore o un tifone non sono eventi estremi in sé, se sono tipici di una determinata area geografica in una certa stagione: in quei casi la comunità è attrezzata per farvi fronte, e l’ambiente è adattato alla loro ricorrenza. Anche il singolo evento meteo estremo, per quanto possa avere conseguenze drammatiche, non è indice di un trend climatico globale. Ma quando la frequenza dei fenomeni meteo estremi aumenta è il caso di drizzare le antenne.In che modo, dunque, i cambiamenti climatici (e in particolare l’aumento medio delle temperature globali) sono legati agli eventi meteo estremi? Premettiamo innanzitutto che ci sono diverse variabili che influenzano il clima oltre alla temperatura, e che tuttavia ci sono alcuni effetti di massima che ci possiamo aspettare siano collegati al suo aumento, sempre in termini probabilistici.

È abbastanza intuitivo, per esempio, comprendere come maggiori temperature siano legate a ondate di caldo più frequenti e più intense, nonché a episodi più gravi e prolungati di siccità, dato che temperature più calde aumentano il tasso di evaporazione dell’acqua dal terreno; e la siccità, sul lungo periodo e in mancanza di interventi di riadattamento, può portare alla desertificazione di ampi territori.Allo stesso modo, aumenta in media l’intensità delle piogge, perché l’acqua evaporata dal terreno contribuisce all’umidità atmosferica. Precipitazioni più intense, a loro volta, portano ad allagamenti ed esondazioni fluviali di maggiore portata. Anche le nevicate, quando si verificano, diventano progressivamente più abbondanti.
Ma le conseguenze di un riscaldamento globale non si fermano qui. È abbastanza evidente che in media fondono più ghiacci; in particolare, la fusione del ghiaccio di terra, come quello che si trova in Groenlandia o Antartide, provoca un innalzamento del livello medio marino, che è stato effettivamente osservato.

La fusione del ghiaccio che galleggia sul mare, detto pack, pur essendo ininfluente da questo punto di vista, si porta comunque dietro altri problemi. La diminuzione di superficie ricoperta di ghiacci infatti riduce quella che viene chiamata albedo della superficie circumpolare, e che rappresenta la capacità di riflettere la radiazione solare. Meno ghiacci significano, in sostanza, più radiazione assorbita e maggior riscaldamento delle acque.

Gli oceani fungono da sistema termoregolatore, in virtù della loro immensa massa, assorbendo parte dell’eccesso di temperatura atmosferica, ma alla lunga finiscono essi stessi per riscaldarsi. Questo fenomeno, insieme al maggiore assorbimento da parte della superficie oceanica non più ricoperta da pack, porta a un aumento progressivo delle temperature oceaniche, che può avere effetti severi sugli ecosistemi.

Tornando ai fenomeni meteorologici estremi, anche i cicloni tropicali risentiranno degli effetti di un aumento medio di temperatura, soprattutto nella loro potenza. Acque più calde significa maggior tasso di evaporazione; quando un ciclone tropicale sorvola una zona oceanica calda, è in grado quindi di “tirar su” più acqua. Inoltre, maggiori temperature atmosferiche si tradurranno in media in vortici con maggior energia cinetica.

L’effetto combinato di questi tre fattori (livello medio marino più alto, acque più calde e temperature più alte) aumenta dunque la probabilità di conseguenze serie per le comunità costiere colpite da cicloni tropicali. Anche se non si può attribuire il singolo ciclone ai cambiamenti climatici, questi alterano le distribuzioni di probabilità relative alla loro intensità, portando a una maggior frequenza di cicloni violenti e potenzialmente dannosi.
I cambiamenti climatici possono influenzare anche i tornado? A scanso di equivoci ricordiamo la differenza tra tifoni e tornado: questi ultimi sono intensi vortici d’aria che si generano in prevalenza sulla terraferma, in aree pianeggianti, alla base di grosse nubi temporalesche dette cumulonembi. I tifoni (sinonimo di uragani e cicloni tropicali) si sviluppano invece sopra grandi masse d’acqua.

I tornado sono associati a violenti temporali chiamati supercelle, ed è qui che principalmente interviene il legame con i cambiamenti climatici. In sostanza, le temperature più alte riscaldano l’aria e la arricchiscono dell’umidità evaporata dal terreno. Questo genera un’instabilità: l’aria più calda e più umida ha un peso specifico minore dell’aria fredda e secca, e quindi tende a salire creando correnti convettive. Queste, portando aria umida nei livelli atmosferici più alti, possono condensare dando luogo a un temporale.Questo è sufficiente per creare un cumulonembo e da qui una supercella da cui poi si svilupperà un tornado? La risposta è no, le condizioni per il tornado devono già esserci. Ma come sempre, un riscaldamento globale influisce in modo misurabile sulle grandezze implicate nel fenomeno come le dimensioni della nube, l’intensità delle correnti convettive, le precipitazioni della supercella e la velocità dei venti.

Infine, un aspetto paradossale: l’aumento delle temperature in genere diminuisce la frequenza delle ondate di freddo, ma in alcuni casi può portare a ondate di freddo molto intenso in posti insoliti. Come può succedere?

Nell’emisfero nord ci sono due vortici d’aria, uno sopra l’altro. Il più basso è la corrente a getto, un “fiume” d’aria piuttosto sinuoso, formato da venti che soffiano tutto l’anno da ovest a est, più o meno alle stesse quote degli aerei di linea. A una cinquantina di chilometri di quota c’è invece il vortice polare stratosferico, più o meno circolare, che anch’esso circonda il polo Nord, ma si forma solo in inverno. Entrambi questi vortici esistono in virtù delle grandi differenze di temperatura tra l’Artico e le medie latitudini. Differenze nel riscaldamento creano differenze di pressione, e l’aria tende a fluire dalle aree ad alta pressione per riempire i “vuoti” di bassa pressione, formando dei venti che poi sono trascinati verso est dal moto di rotazione della terra, disponendosi “a cintura”.
Ma se l’Artico si riscalda più delle medie latitudini, la differenza di temperatura tra zona polare boreale e medie latitudini diminuisce e con essa la differenza di pressione tra le due regioni. Ciò fa sì che le correnti d’aria perdano la loro spinta e la loro direzione ben determinata, diventando più tortuose. Parte dell’energia dissipata in tali ondeggiamenti, quando sono marcati e persistenti, si propaga verso l’alto e può “attaccare” il vortice polare stratosferico facendo sì che si divida in sotto-vortici. Questi tendono a sbandare verso sud, portando con sé aria molto fredda a discapito dell’Artico, che invece diventa più caldo del normale. 
Attualmente, l’interazione tra clima e vortici polari è forse l’aspetto più incerto del legame tra riscaldamento globale ed eventi meteo estremi, ma le osservazioni sembrano comunque indicare che effettivamente il vortice polare stratosferico si stia trasformando. Prevedibilmente, qualcuno pensa che simili ondate di freddo smentiscano il riscaldamento globale, ma non è così: basta guardare le mappe delle anomalie di temperatura e la loro evoluzione negli anni. Non solo: anche i periodi più freddi di adesso sono, in media, più caldi delle ondate di freddo passate.

FARE SCIENZE
È opinione condivisa da scienziati e comunicatori scientifici che il problema dei cambiamenti climatici non riceva un’attenzione adeguata da parte dei media. Fai una indagine, chiedendo in famiglia e cercando su Internet, per capire se anche tra i tuoi conoscenti è così e per quale motivo. In piccoli gruppi, poi, discuti quanto hai trovato.

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