Quando si parla, discute o si pratica sport si prendono in considerazione molteplici aspetti: la tecnica, la fatica, le emozioni, il successo, le grandi imprese, la rivalità. Quasi mai si considera però che lo sport è anche un formidabile veicolo di storie di amicizia, a volte straordinariamente grandi.
Per certi versi, infatti, sport e amicizia possono essere considerati due facce della stessa medaglia. L’attività fisica è una vera palestra di interazione personale, decisamente contrapposta all’interazione impersonale e fredda che caratterizza oggigiorno molti rapporti.
In palestra o su un campo da calcio, su un ring, in piscina o su un campo da tennis si impara a condividere emozioni, fallimenti e frustrazioni insieme ai compagni di squadra o di gioco che spesso diventano amici per la vita.
Non è difficile riconoscere il valore dell’amicizia come parte integrante dello sport anche in ambito professionistico, dove si contano numerosi casi di rivali-amici. Vediamone qualcuno.
Guardando al ciclismo, l’Italia del dopoguerra è stata dominata dalla rivalità tra Gino Bartali e Fausto Coppi. Tale rivalità fu una delle più famose nel mondo dei pedali e riempì per oltre un decennio le cronache sportive e mondane del Paese. Eppure, è rimasta memorabile la foto in cui i due campioni, in lotta sull’infernale salita del Galibier al Tour de France del 1952, si passano una bottiglia d’acqua. Chi l’ha data a chi? Mistero. Un mistero che i due – nell’intento di non tradirsi a vicenda – non hanno (quasi) mai rivelato.
Sempre in ambito nazionale, ma passando al calcio, ha occupato molte pagine di cronaca la rivalità sportiva e atletica tra Gianni Rivera e Sandro Mazzola. Entrambi centrocampisti, entrambi simbolo della nazionale e delle rispettive squadre: il Milan per Rivera, l’Inter per Mazzola. Altri tempi gli anni ’70 con tifoserie molto agguerrite. Non era così scontato che due giocatori di squadre rivali potessero fare qualcosa insieme. Per fare un esempio, i tifosi delle città con il derby, come Milano appunto, non andavano nemmeno a cena insieme. Eppure, Rivera e Mazzola, nonostante le rispettive carriere nei club di appartenenza e i giustificati personalismi, non sono mai stati nemici, anzi. Così nel 1968 diventano promotori di istanze di giustizia ed equità all’interno del mondo del calcio e fondano il primo sindacato nazionale dei calciatori, con l’intento principale di tutelare i settori giovanili.
Venendo ai nostri giorni, ha fatto il giro del web la foto che ritrae Roger Federer e Rafa Nadal mano nella mano piangere al termine di una gara. Il contesto, la Laver Cup, un torneo di tennis a squadre che si svolge annualmente e vede affrontarsi una selezione composta da giocatori europei e una composta da giocatori provenienti dal resto del mondo. L’occasione, l’ultima gara da professionista del tennista svizzero prima dell’annunciato ritiro. E anche qui, come nel caso di Bartali e Coppi, è diventata virale – ma probabilmente anche storica – la foto dei due grandi rivali di sempre che piangono, tenendosi mano nella mano.
Con quel gesto in cui si sostengono di fronte una forte emozione, Federer e Nadal hanno dimostrato che chi si è fronteggiato in campo per tutto questo tempo sono stati due uomini, ognuno con i propri valori e principi, che hanno nutrito un profondo rispetto l’uno per l’altro. Una rivalità-amica, appunto, che ha fatto crescere la leggenda di mostri sacri di tante discipline.
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