Le increspature che si formano in mare aperto o in una pozzanghera quando vi cade una goccia di pioggia, il rombo di un tuono, la nota di un contrabasso, un terremoto: sono tutti esempi, questi, di fenomeni fisici apparentemente diversi tra loro, ma accumunati dal fatto di essere manifestazioni di moti ondulatori.
Viviamo costantemente circondati da onde, naturali o generate dalle attività umane. Alcune di queste risultano essere più familiari, sono ben riconoscibili e innocue, come una corda che vibra o il pattern generato da un sasso lanciato in uno stagno, mentre altre sono più rare, poco conosciute e decisamente più pericolose, come le cosiddette onde anomale.
Un’onda generata in mare viene di solito definita “anomala” quando riesce a raggiungere un’altezza (la differenza tra la cresta e l’avvallamento) superiore al doppio dell’altezza delle onde che la circondano, fino a picchi di diverse decine di metri. Queste onde insolitamente alte, con i versanti molto ripidi e dalle fattezze di un vero e proprio muro d’acqua che si alza dal mare, sembrano formarsi dal nulla e all’improvviso, più spesso in condizioni burrascose, a volte in piccoli gruppi e in acque relativamente calme.
Il potenziale distruttivo delle onde anomale le rende una minaccia incombente anche per le imbarcazioni più grandi e per le strutture offshore. Riuscire e comprenderne meglio le caratteristiche e le condizioni fisiche in cui si formano è quindi fondamentale per cercare di prevenirle ed evitare incidenti al largo o sulla costa, salvando vite umane.
Tuttavia, sebbene siano note da secoli, la loro imprevedibilità e la difficoltà di misurarle non hanno consentito a lungo di studiarle adeguatamente, contribuendo addirittura a considerarle solo una sorta di leggenda, che ha alimentato suggestioni letterarie e un certo folklore marittimo.
A metà degli anni ’90, nel Mare del Nord di Norvegia, è stato finalmente possibile effettuare la prima, celebre misura più accurata di un’onda anomala – ribattezzata Draupner, dal nome della piattaforma che ospitava gli strumenti di misura, con un’elevazione sulla superficie del mare di più di 18 m e un’altezza di quasi 26 m! – confermando e documentando così sperimentalmente la loro esistenza. Nel frattempo, importanti passi avanti sono stati fatti da allora nella fisica delle onde anomale.
Per esempio, un team di ricercatori dell’Università di Melbourne1 è andato di recente a caccia di onde anomale a bordo di una rompighiaccio nell’Oceano Antartico, un ambiente particolarmente turbolento, che ha consentito di analizzare diversi fattori e meccanismi che facilitano l’insorgere dei temuti muri d’acqua. Oltre ai già studiati fenomeni di sovrapposizione di onde multiple, che generano le anomale come aggregatori e amplificatori dell’energia di altre onde circostanti, gli esperti di oceanografia di Melbourne (tra cui diversi ricercatori italiani) suggeriscono di considerare con attenzione anche il ruolo e l’impatto significativo dei venti più forti, che spingono sulle onde oceaniche già alte, favorendone l’ingrossamento.
Oggi sappiamo che onde simili sono in realtà più frequenti di quello che si pensasse, con una statistica documentata che continua ad arricchirsi di dati. Purtroppo, studiarle nelle condizioni sperimentali più adatte continua ad essere comunque un’impresa difficile da replicare. Ci sono, tuttavia, delle strategie che possono facilitare il lavoro dei fisici esperti di onde e di oceanografia.
Le onde anomale possono per esempio essere riprodotte artificialmente in laboratorio, in speciali vasche che imitano in modo accurato ciò che accade sulla superficie del mare, tenendo conto anche delle correnti e dei venti. La simulazione è stata eseguita con successo dai ricercatori della FloWave Ocean Energy Research Facility di Edimburgo, facendo incrociare piccoli gruppi di onde, indotte nell’ambiente acquatico delle “vasche marittime”. Questo sistema consente di non doversi spingere in mare aperto, ma è pur sempre limitato dalle dimensioni del laboratorio stesso, che non lascia spazio alle onde artificiali di muoversi per lunghe distanze.
La messa a punto di strumenti matematici per descrivere e prevedere la comparsa delle onde anomale è un’ulteriore frontiera di interesse, ma comporta l’elaborazione di una enorme e complessa quantità di dati e variabili, che vanno dalla misura della profondità dei fondali alla velocità delle correnti.
L’intelligenza artificiale potrà rivelarsi utile anche in questo contesto, come hanno cercato di dimostrare dei ricercatori dell’Università di Copenaghen in uno studio sulla prevenzione delle onde anomale2.
Continuare a studiarle è molto importante, perché le onde anomale potrebbero diventare, in realtà, sempre meno rare, ma più imponenti, a causa degli effetti del riscaldamento globale.
Attività
– Cerca in rete un video divulgativo sul lavoro dei ricercatori del FloWave Ocean Energy Research Facility di Edimburgo. In cosa consiste l’apparato strumentale usato per simulare le onde anomale in laboratorio? Prova a confrontarlo con uno strumento di misura analogo incontrato a lezione o sul libro di testo, individuando i principali parametri di misura.
– Una frontiera interessante e promettente nello studio delle onde anomale è quella dell’intelligenza artificiale. Prova a interrogare la tua chatbot sulla natura di queste onde e sulla possibilità di prevederne la comparsa, e valuta criticamente l’esito della ricerca. Le informazioni raccolte sono corrette e scientificamente attendibili?
[1] https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.132.154101