Il 3 marzo si celebra la giornata mondiale della natura selvatica, il “World Wildlife Day”. Tema di quest’anno è far comprendere l’importanza delle specie selvatiche per l’uomo, ricordando quali sono le azioni chiave da mettere in campo per garantire il buono stato dei nostri ecosistemi.
Nel corso degli ultimi decenni l’uomo ha impattato gravemente sul capitale naturale, andando spesso a minare quell’equilibrio naturale che, una volta destabilizzato, ha avuto profonde ripercussioni anche sulla salute umana. L’ultimo esempio è, purtroppo, ancora sotto i nostri occhi: la pandemia. Nonostante gli avvertimenti della comunità scientifica, che ben prima del 2020 ci aveva avvisato su uno “spillover” (il salto specie selvatica-uomo compiuto da un virus) sempre più frequente per via dello scellerato rapporto che abbiamo instaurato con l’ambiente, abbiamo continuato a sovrasfruttare le risorse naturali.
Alla base della crisi ecologica vi è di sicuro l’attuale modello di crescita economica, da cambiare nel modo più veloce possibile se vogliamo continuare a usufruire di tutti quei beni e servizi che l’ambiente ci offre gratuitamente e che sono fondamentali per una vita prospera e in salute.
Vista la situazione in cui versano i nostri ecosistemi, le Nazioni Unite hanno dedicato il decennio 2020-2030 al loro ripristino. L’obiettivo di lungo periodo, al 2050, è quello di vivere in armonia con la natura ma, per farlo, occorre da subito mettere in campo politiche legate alla sostenibilità e ispirate dall’Agenda 2030. Crisi climatica e perdita di biodiversità richiedono azioni urgenti.
Su clima e biodiversità bisogna agire subito
Stiamo consumando risorse come se avessimo a disposizione 1,8 Pianeti. È ciò che ci dice il calcolo dell’impronta ecologica fatta dal Global Footprint Network che valutando consumi, sprechi, gas serra, degradazione del terreno, e tutti gli altri fattori che incidono sullo stress degli ecosistemi, ci informa sul reale stato di salute del Pianeta. Mentre le nazioni povere risultano avere ancora un consumo di risorse “sostenibile”, ad avere un impatto maggiore sono soprattutto le economie avanzate. In generale, la nazione che consuma di più sono gli Stati Uniti: se tutti volessimo adottare il loro stile di vita avremmo bisogno di 5,1 Pianeti. Anche l’Italia, però, non è sostenibile: se tutti volessero vivere come noi servirebbero 2,7 Pianeti.
Il fattore di “maggior pressione” umana sugli ecosistemi è la produzione di gas climalteranti. Dall’epoca preindustriale (1850-1900) l’uomo ha emesso talmente tanta CO2 (e altri gas serra) in atmosfera da accelerare, in modo drammatico, il cambiamento climatico. Dal 1850 a oggi, infatti, la temperatura media terrestre è aumentata di circa 1.2° Centigradi, e la quantità di anidride carbonica presente in atmosfera non è stata mai così elevata da almeno 800 mila anni. Un fatto dovuto soprattutto all’uso massiccio di combustibili fossili, basti pensare che ancora oggi circa l’80% dell’energia nel mondo proviene da fonti “sporche”.
Di questo passo, ci ricorda la comunità scientifica, falliremo l’Obiettivo che con l’Accordo di Parigi 195 nazioni al mondo, compresa l’Italia, si sono poste: mantenere l’aumento medio della temperatura entro i 2°C, facendo il possibile per restare all’interno della soglia 1.5°C.
Ma non ci sono solo i gas serra. L’attività umana, definita anche “antropica”, è talmente invasiva da aver modificato in modo significativo il 75% delle terre emerse e il 66% degli ecosistemi marini. Su circa 8 milioni di specie animali e vegetali oggi conosciute, circa 1 milione sono a rischio estinzione. Spariscono foreste, zone umide, preziose specie di animali selvatici, interi pezzi di capitale naturale che sostengono l’intera vita, anche quella umana, sul Pianeta.
L’importanza dell’ambiente per il nostro benessere
Biodiversità significa ricchezza, e a ogni perdita di biodiversità è da associarsi una perdita di benessere umano. È questa, in sostanza, l’equazione a cui bisognerebbe prestare attenzione attraverso le strategie, le politiche, e le iniziative che si prendono in ogni ambito in giro per il mondo.
Per meglio comprendere il valore della biodiversità occorre però rifarsi al settore della ricerca che, nel 2005 con il “Millennium Ecosystem Assesment” delle Nazioni Unite, conia la definizione di “Servizi Ecosistemici”. L’obiettivo era quello di analizzare ogni singolo servizio che l’ambiente offre, in modo totalmente gratuito, per poi intervenire tempestivamente in caso di modifiche collegate all’attività antropica. Possiamo dividere i Servizi Ecosistemici in 4 categorie:
- Servizi di Provvigione (cibo, materie prime, acqua dolce, risorse medicinali);
- Servizi di Regolazione (clima e qualità dell’aria, stoccaggio dei gas serra, protezione da eventi estremi, trattamento delle acque reflue, prevenzione dall’erosine, impollinazione, controllo biologico);
- Servizi Culturali (attività ricreative, turismo, ispirazione culturale, regione e senso di appartenenza);
- Servizi di Supporto (habitat, diversità genetica).
Anche se estremamente sintetico, questo semplice schema ci mostra come ogni istante della vita umana sia interconnesso all’ambiente, basti pensare alla produzione di ossigeno da parte delle foreste e alla fondamentale attività di impollinazione svolta dalle api nella produzione di cibo.
Per fare qualche altro esempio: dal 1990 le zone umide (fondamentali per lo stoccaggio dei gas serra) si sono ridotte del 50%; abbiamo già perso almeno il 30% delle barriere coralline (le zone nel mondo a più alto tasso di biodiversità); l’uomo ha aumentato di 1000 la velocità con cui le specie si estinguono. Noi siamo natura, e forse ce lo siamo un po’ dimenticato.
La consapevolezza personale, le scelte individuali e le azioni collettive sono determinanti per garantire equità e opportunità a tutti gli abitanti del nostro Pianeta. Per trasformare in spunti e attività didattiche questi temi, vi proponiamo il nuovo ciclo di webinar in collaborazione con Asvis: “Futura-Next Generation: come preparare le giovani generazioni ad affrontare i prossimi futuri”.