La mancanza di un accesso a internet, di dispositivi tecnologici o di spazi adeguati limita le possibilità di apprendimento di minori già vulnerabili. Occorre intervenire anche sulla povertà educativa digitale.
Il 24 gennaio si celebra la Giornata internazionale dell’educazione, istituita dalla Nazioni Unite per sottolineare la necessità di garantire un accesso equo all’educazione in tutti i Paesi e per ricordare il ruolo dell’istruzione nella promozione della pace e dello sviluppo. Secondo l’Unesco, nel 2020 258 milioni di bambine e bambini, adolescenti e giovani non frequentavano la scuola. La pandemia da Covid-19 e la conseguente chiusura delle scuole e dell’introduzione della didattica a distanza (Dad) per ridurre la diffusione del virus hanno aggravato una situazione già allarmante. Non tutti i bambini e gli adolescenti, in Italia così come nel mondo, hanno avuto uguali possibilità di seguire le lezioni da casa, a causa della mancanza di accesso a internet o di un computer o delle condizioni socio-economiche e abitative.
Il divario digitale in Italia
Secondo i dati del rapporto “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo Crc), pubblicato a novembre 2021, in Italia una famiglia su cinque non ha accesso a internet a casa e l’11,4% dei minori non ha un computer o un tablet a disposizione, percentuale che sale al 19% in alcune regioni del Sud, motivo per cui migliaia di minori hanno dovuto seguire le lezioni dal cellulare dei genitori con conseguenze sull’apprendimento. Durante un’indagine condotta da Save the children ad aprile del 2020 e che ha coinvolto 300 famiglie, alcuni genitori hanno dichiarato che la mancanza di supporti tecnologici, come computer o stampanti, ha inciso sulla capacità di svolgere i compiti a casa. Altri hanno raccontato la difficoltà di far seguire le lezioni ai propri figli e alle proprie figlie con un unico dispositivo tecnologico a disposizione per tutta la famiglia.
La disparità esistente tra chi ha accesso a internet e ai dispositivi tecnologici da chi, per motivi diversi, ne è privo si definisce digital divide e in Italia il divario digitale è particolarmente evidente tra le regioni del Nord e quelle del Sud e tra le aree urbane e le aree rurali.
Andrea Gavosto, Coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 4 (Istruzione di qualità), durante la puntata della trasmissione ASviS-Radio Radicale “Alta sostenibilità” dedicata alla Dad, ha affermato: “ci sono stati dei progressi in questi anni, la disponibilità di device digitali è per esempio aumentata, come ci dicono i dati Istat. Per me la Dad non è il male assoluto ma devo dire che sul ‘come farla’ ci sono ancora dei problemi. Come Fondazione Agnelli insieme all’università di Cagliari abbiamo condotto un’indagine da cui è emerso che nel 91% dei casi la Dad riproponeva il modello didattico tradizionale, una modalità che fatta a distanza determina una riduzione significativa dell’apprendimento. Purtroppo il Paese non ha sfruttato questi due anni di pandemia per capire come migliorare su questo punto”.
La Dad aumenta le disuguaglianze
La didattica a distanza ha colpito i minori che vivevano già in condizioni socio-economiche difficili o che già subivano disuguaglianze. La povertà economica assoluta, che nel 2020 colpiva il 13,5% dei minori, e le condizioni di sovraffollamento abitativo in cui, nel 2019, viveva circa il 41,6% dei bambini e degli adolescenti, hanno fortemente limitato le possibilità di apprendimento di alunni e alunne per la mancanza di strumenti tecnologici o spazi adeguati.
Anche i minori disabili hanno avuto difficoltà nell’usufruire della didattica a distanza: secondo i dati dell’Istat, tra aprile e giugno 2020 oltre il 23% dei bambini e adolescenti disabili non ha potuto seguire le lezioni online a causa, ad esempio, della proprie condizioni di salute. I minori con un background migratorio, che nell’anno scolastico 2018-2019 costituivano il 10% della popolazione studentesca, hanno riscontrato maggiori difficoltà per motivi linguistici e socio-economici.
Colmare la povertà educativa digitale
Con l’introduzione della didattica a distanza si è accentuata un’ulteriore criticità che caratterizza il sistema scolastico italiano: la povertà educativa digitale, definita da Save the children come
“la privazione delle opportunità per apprendere, sperimentare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali”.
La tecnologia e l’accesso a internet offrono numerose opportunità di insegnamento e apprendimento, ma il loro utilizzo dovrebbe essere affiancato da una alfabetizzazione digitale sia per gli studenti sia per gli insegnati, ovvero dalla formazione sulle conoscenze degli strumenti tecnologici, della loro applicazione e della risoluzione di eventuali problemi, ma anche l’utilizzo sicuro della rete e la capacità di riconoscere fonti affidabili. Secondo un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) intitolato “21st Century readers: developing literacy skills in a digital world”, ad esempio, in Italia solo il 49% degli alunni e delle alunne di 15 anni dichiara di aver ricevuto insegnamenti adeguati a riconoscere quando le informazioni online sono soggettive o distorte. Il Rapporto sottolinea inoltre come i giovani provenienti da contesti più svantaggiati restino maggiormente esclusi dall’acquisizione di competenze digitali. Colmare la povertà educativa digitale appare oggi una priorità per garantire ai giovani un utilizzo consapevole delle risorse tecnologiche e digitali utilizzate per l’apprendimento, l’informazione e il tempo libero.
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