Modello DADA: ecco le esperienze delle scuole italiane già attive

Modello DADA: ecco le esperienze delle scuole italiane già attive

Venerdì 31 Maggio 2019 si svolge a Grottaferrata il Secondo Convegno Nazionale delle scuole DADA italiane dal titolo “Dada iacta est“. La giornata si articola in sedute plenaria e workshop e coinvolge la maggior parte delle scuole che negli ultimi anni hanno abbracciato il modello DADA di cui abbiamo parlato qui.
Nel convegno di Grottaferrata vengono affrontati, in un’ottica di condivisione delle best practice fra le diverse scuole, quelli che si sono rivelati come i più comuni problemi organizzativi per le scuole che hanno deciso di convertirsi alle Didattiche per Ambienti di Apprendimento e ci si confronta sui vantaggi rilevati in questi primi anni di sperimentazione.

L’implementazione della metodologia DADA in un istituto è certamente tutt’altro che semplice: è necessario vincere molte resistenze psicologiche a superare modelli formativi di tipo puramente trasmissivo, e soprattutto bisogna sfatare i luoghi comuni della perdita di tempo e del caos durante gli spostamenti degli studenti.

Proprio per questo, e per poter approfondire e condividere le buone pratiche anche con quei docenti e dirigenti scolastici che hanno deciso di avvicinarsi al modello, vengono affrontati alcuni degli argomenti-fulcro del modello DADA: l’organizzazione dell’orario scolastico, gli spostamenti degli alunni e dei docenti, il trasporto del materiale didattico fra le classi da parte degli studenti (problema che può essere in gran parte risolto con la sistemazione di armadietti nei corridoi).
I vantaggi e pregi sperimentati della filosofia Dada sono, senza dubbio, più numerosi degli svantaggi, e quella di Grottaferrata sarà un’ottima occasione per tirare le somme sui primi 5 anni di sperimentazione DADA in Italia.

Abbiamo fatto qualche domanda a Lidia Cangemi  e Ottavio Fattorini, Dirigenti scolastici rispettivamente del Liceo Kennedy di Roma e del Liceo Labriola di Ostia, le scuola capofila del progetto in Italia.

Partiamo dalle basi: quali sono i capisaldi del modello DADA?

Con il modello DADA gli studenti si muovono fra le classi in base all’orario delle lezione e raggiungono i docenti nelle aule della materia: gli spazi vengono allestiti ed arredati secondo il gusto e il profilo professionale e culturale dell’insegnante e in base alla materia di insegnamento. Ogni spostamento al cambio dell’ora avviene in autonomia: gli studenti raggiungono l’aula in pochi minuti e da soli. Questo porta a un doppio beneficio: lo studente si responsabilizza, mentre il movimento e il cambio di ambiente (luce, arredamento, aula, ecc) migliora l’attenzione e scarica la tensione.

Alla base del DADA c’è la distinzione tra AULA e CLASSE e ha 5 caposaldi:

  1. l’aula come ambiente di apprendimento
  2. la valorizzazione della persona educante
  3. la responsabilizzazione degli studenti
  4. l’edificio apprenditivo
  5. serendipity organizzativa

Quali sono i vantaggi che il modello DADA porta con sé?

Foto dal sito scuoledada.it

I vantaggi sono moltissimi, ma possiamo riassumerli in questi punti:

– riduzione dei tempi di trasferimento-docente fra le aule nei cambi ora; si è infatti verificato che, in generale, il tempo di trasferimento degli alunni è minore di quello degli insegnanti;
– maggiore benessere a scuola da parte degli studenti che muovendosi scaricano la tensione e riattivano l’attenzione: c’è un effettivo guadagno di attenzione durante la lezione;
– migliore percezione e organizzazione dello spazio vissuto: gli studenti si appropriano di tutta la scuola e tutti gli spazi risultano meglio utilizzati;
– migliore identificazione e caratterizzazione degli ambienti di apprendimento: il docente può preparare e adeguatamente personalizzare l’ambiente di apprendimento con i materiali necessari che risultano essere sempre ed immediatamente disponibili;
– miglioramento dei risultati scolastici degli allievi. Gli istituti che hanno già sperimentato una didattica DADA per almeno un triennio hanno riscontrato, rispetto al passato, esiti scolastici migliori dei propri studenti (minor numero di debiti formativi, maggior successo scolastico, migliori livelli nei test INVALSI). Oggi si sta ancora studiando la correlazione tra il DADA e gli esiti scolastici degli studenti.
– alto ingaggio da parte degli studenti, a cui viene data responsabilità. Ogni giorno si muovono migliaia di minorenni, invece di una cinquantina di docenti, ma questo non comporta un aumento di incidenti a scuola. Gli studenti si creano spazi sociali comuni, anche se molto brevi, e questa “serendipity” diminuisce i livelli di ansia e di stress.

 

Come ci si avvicina al modello DADA?

Abbiamo creato il sito di riferimento del DADA in Italia e lavoriamo sui contenuti con costanza. Sul sito raccontiamo l’evoluzione del progetto e le scuole che aderiscono, offrendo moltissimo materiale pratico per avvicinarsi al modello.
Ad oggi in Italia sono coinvolte circa 70 scuole tra SSPG e SSSG (anche qualche primaria) e il nostro progetto è monitorato e studiato dall’Università La Sapienza e da Indire. Le Regioni ad oggi più attive sono la Toscana e la Puglia. Noi siamo sempre pronti ad accogliere docenti e dirigenti scolastici curiosi di capire di più. Ovviamente poi non basta l’entusiasmo di un singolo docente perché per inserire il modello DADA nella propria scuola è necessario che tutti i docenti e tutta la scuola cambino. Ma la forza del progetto è proprio il buon rapporto fra le varie scuole, quindi ogni scuola può essere aiutata nel passaggio.

Foto dal sito scuoledada.it

Il sistema DADA funziona infatti proprio perché si basa sullo scambio delle buone pratiche fra le scuole, e non perché qualcuno dall’alto impone qualcosa. È un progetto adattivo, si modella, è metamorfico, si adegua al territorio, a quello che c’è. Ed è proprio questo un aspetto fondamentale che accomuna tutte le scuole e gli istituti DADA: sapere che anche con poco si può fare molto. Abbiamo addirittura creato un acronimo per indicare che si può fare tanto con QCA – Quello Che Abbiamo. Questo è un grande cambio di paradigma perché si impara a lavorare con quello che si ha e non a lamentarsi di quello che manca, si attiva la creatività e si spegne l’attitudine alla lamentela. E questo non è altro che un sistema di ottimismo reale che crea soluzioni e non problemi.

Il progetto è oggi monitorato e studiato dell’università La Sapienza di Roma, settore Sviluppo e Ricerca Educativa, e aderisce al movimento delle avanguardie educative di Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa).

Quali cambiamenti avete notato negli studenti?

Gli studenti diventano finalmente protagonisti della scuola e più responsabili. Diventano responsabili con i fatti e non solo con le parole. Noi non diciamo all’alunno la semplice frase: “io ho fiducia in te”, ma lo mettiamo davanti ad alcuni fatti che lo rendono immediatamente consapevole che gli adulti gli stanno dando fiducia. Se a 15 anni devi spostarti in modo ordinato e organizzato da un’aula all’altra, diventi per forza di cose un ragazzo responsabile in modo attivo. In questo modo gli studenti diventano protagonisti anche del decoro degli spazi comuni, si sentono responsabilizzati perché sanno che la vivibilità degli spazi scolastici dipende da loro. E questo fa scattare un meccanismo di cura e amore verso ciò che hanno: sono gli stessi alunni che evitano che altri imbrattino i muri.

 

 

Ma i docenti italiani vogliono il DADA? Quanto sono incuriositi?

Foto dal sito scuoledada.it

In generale i docenti sono molto attratti dalle novità didattiche e sentono la necessità di cambiare. Tutti ormai si rendono conto che è necessario innovare, che serve un cambio di paradigma: c’è voglia di una scuola del futuro. Dall’altra parte è inutile negarlo: i docenti hanno molto paura del cambiamento, sono spaventati e non sanno come affrontarlo. Ma ormai il disagio che il docente sente per il sistema scolastico attuale li spinge fuori dalla loro zona di comfort e quindi a sperimentare per davvero.

In molti commentano che è impossibile creare il modello DADA in Italia in modo sistematico perché si tratta di modello attuabile nelle scuole del Nord Europa, dove anche gli spazi scolastici sono diversi.

L’esperienza ci dice esattamente l’opposto: il modello DADA è incredibilmente flessibile e si può attuare sempre con quello che si ha. Non siamo solo noi due dirigenti che lo abbiamo fatto a dire che è fattibile, lo dicono le oltre 70 scuole italiane che lo hanno applicato, da nord a sud, dal piccolo liceo all’istituto comprensivo.
È ovvio che ci sono i limiti, ma bisogna rendersi conto di QCA – Quello Che Abbiamo. Sono le nostre paure a frenarci, e spesso senza motivo. Una delle prime paure dei docenti è che nei cambi di aula gli studenti si facciano male. Noi non abbiamo evidenze che questo accada, o che accada con una incidenza maggiore di quanto succede oggi con un “modello standard”. Non ci sono aumenti statistici. Allo stesso modo all’inizio i genitori avevano paura che gli alunni perdessero libri, felpe, giacche fra le classi. Ma quando hanno capito che anche questo responsabilizzava moltissimo gli studenti ne sono incredibilmente grati.

 

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