Intelligenza Artificiale e lavoro: opportunità e rischi

Intelligenza Artificiale e lavoro: opportunità e rischi

Da diversi mesi l’Intelligenza Artificiale (o AI, dall’inglese Artificial Intelligence) sta entrando a grandi passi nelle nostre vite

Con AI intendiamo, oggi, i sistemi informatici progettati per imitare e replicare alcune capacità umane, come il pensiero, l’apprendimento e il problem-solving. Si tratta di sistemi informatici addestrati ad apprendere da grandi quantità di dati. Attraverso degli algoritmi matematici, essi analizzano i dati disponibili, individuano dei pattern logici e ne traggono delle conclusioni. 

Tra le AI di più comune utilizzo vi è certamente ChatGPT (chat.openai.com), un sistema sviluppato in un laboratorio di ricerca di San Francisco (OpenAI), che è stato addestrato ad apprendere dalla moltitudine di testi disponibili su Internet. Attraverso una rete neurale, ChatGPT interagisce con gli esseri umani, su temi generali, utilizzando un linguaggio naturale. 

Sebbene le applicazioni di AI si stiano moltiplicando solo in questi ultimi anni, il termine venne coniato già nel 1956 da John McCarthy e tantissimi studiosi hanno contribuito al suo sviluppo. Negli anni sessanta del secolo scorso, ad esempio, Marvin Minsky e Herbert Simon hanno sviluppato le prime teorie e i primi modelli di intelligenza artificiale. Negli anni ottanta, poi, Geoffrey Hinton e Yann LeCun hanno sviluppato le prime esperienze di “apprendimento approfondito” (dall’inglese deep learning) che costituisce oggi il modo in cui i sistemi informatici vengono addestrati ad apprendere.

I campi di impiego dell’AI sono davvero numerosi. Solo a scopo esemplificativo possiamo pensare alla diagnostica medica, alla personalizzazione delle terapie e dei farmaci, allo sviluppo di veicoli autonomi, all’automazione industriale, alla gestione dei rischi in campo finanziario, alla personalizzazione delle esperienze di acquisto. Tuttavia, parallelamente alle tante opportunità di impiego, emergono alcuni rischi significativi che riguardano, tra gli altri, la concentrazione del potere nelle mani delle grandi aziende tecnologiche, la difesa dei diritti individuali, l’impatto sul mercato del lavoro. 

Proprio rispetto al mercato del lavoro, gli effetti dell’AI presentano molte ombre. A differenza delle innovazioni tecnologiche del passato, oggi è possibile automatizzare anche i lavori che richiedono analisi di informazioni complesse e la generazione di soluzioni originali. Per questo motivo, i lavoratori che saranno più esposti alle trasformazioni indotte dall’AI saranno quelli ad alto livello di competenze (si veda M. Lane and A. Saint-Martin, The impact of Artificial Intelligence on the labour market: What do we know so far?, OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 256, 2021, OECD Publishing, Paris).  

Al momento, ciò non significa che l’AI sostituirà il lavoro umano, ma certamente è possibile ipotizzare una sempre maggiore integrazione tra uomo e macchine

Pensiamo, ad esempio, ai medici: con l’aiuto dell’AI, essi potranno confrontare i risultati clinici di un paziente con tutte le informazioni disponibili nella letteratura scientifica e giungere così a diagnosi più precise e a terapie più efficaci. Allo stesso tempo, la capacità del medico di entrare in empatia con il paziente, di seguirlo e tranquillizzarlo nel suo percorso di cura, non potrà essere sostituita da un sistema informatico. 

O pensiamo, ancora, agli ingegneri, i quali potranno simulare il comportamento dei fluidi o la dinamica dei veicoli in condizioni virtuali, senza disporre necessariamente di un prototipo. Anche per gli ingegneri, tuttavia, la sensibilità e la capacità di creare modelli belli oltre che funzionali, adatti alle esigenze delle future generazioni, non potrà essere sostituita da una macchina.

Sebbene le occupazioni a più alto livello di competenze siano quelle più esposte all’AI, è possibile ipotizzare che tali occupazioni saranno anche quelle che otterranno, proprio per la maggiore integrazione con l’AI, una maggiore crescita della produttività e, di conseguenza, una maggiore crescita delle retribuzioni. In questo senso, l’introduzione e la diffusione dell’AI potrebbe aumentare le diseguaglianze di reddito tra i lavoratori, ampliando la forbice tra lavoratori ad elevate competenze e lavoratori a basse competenze.

Allo stesso modo, alcune aziende potrebbero beneficiare più di altre dello sviluppo dell’AI, avvantaggiandosi di un eccessivo potere di mercato. Ciò potrebbe creare una divisione ancora più marcata tra le imprese super innovatrici e tutte le altre, accrescendo ulteriormente le disuguaglianze.

Molte domande rimangono ancora aperte, ma appare particolarmente rilevante che la comunità internazionale possa riuscire a orientare gli sviluppi dell’AI verso la difesa dei diritti individuali e dei valori democratici. In questa direzione si colloca la prima legge europea sull’intelligenza artificiale, approvata dal Parlamento Europeo il 13 marzo 2024 (sui contenuti del IA Act vedi l’articolo Intelligenza artificiale: in arrivo il Regolamento europeo). 

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