
Nel nostro sistema normativo, accanto alle cosiddette fonti atto, che sono la risultante di un atto di volontà del legislatore, si pongono le cosiddette fonti fatto, le quali hanno un’origine diversa. Ci si sta riferendo, in particolare, alle consuetudini, anche dette usi.
Si tratta di comportamenti ripetuti nel tempo, che vengono ritenuti dalla società giuridicamente dovuti. Per semplificare, le consuetudini nascono quando un certo gruppo sociale reitera nel tempo una data condotta, sino a giungere alla convinzione che quello stesso comportamento “vada fatto”, vale a dire che esso sia doveroso.
Gli studiosi del Diritto operano una distinzione tra consuetudini “secondo”, “contro” e “oltre” la legge. Per rappresentare queste tre categorie si usano le espressioni latine di usi “secundum legem”, “contra legem” e “praeter legem”.
La prima categoria racchiude gli usi espressamente richiamati dalle leggi. Per esempio, l’art. 1498 c.c. prevede che, nel contratto di compravendita, il compratore sia tenuto a pagare il prezzo nel tempo e nel luogo fissati dal contratto. Lo stesso articolo stabilisce, però, che, in mancanza di una espressa pattuizione in proposito, operano gli usi, se esistenti.
La seconda categoria racchiude gli usi che sono sorti in contrasto alle leggi. Questi ultimi devono essere considerati illegittimi. Deve essere tenuto a mente, infatti, che gli usi si pongono al “livello più basso” della cosiddetta piramide normativa, sicché essi non possono disporre in contrasto con quanto prescritto dagli atti normativi di livello costituzionale, primario e secondario.
La terza categoria, infine, racchiude gli usi in materie non regolate dalla legge e, quindi, sorti a prescindere da quest’ultima.
A prescindere da ogni categorizzazione, a differenziare gli usi dalle cosiddette fonti atto v’è, tra l’altro, la circostanza di essere fonti non scritte, in quanto consistono, come detto, in comportamenti tramandati nel tempo.
Per esempio, è consuetudine, per i lavoratori di una fabbrica, che il loro datore di lavoro faccia dei doni per le feste, oppure che le operazioni di carico di una nave in un porto avvengano in un certo luogo del porto oppure in un altro. Non può dirsi, però, certamente che vi sia un atto normativo scritto che imponga gli stessi comportamenti.
L’assenza di scrittura pone un problema di conoscibilità delle fonti suddette, che a sua volta si connette con l’esigenza di assicurarne l’osservanza e il rispetto. Va sottolineato, invero, che la scrittura giuridica rappresenta uno strumento di garanzia della “certezza del diritto”, ossia della possibilità per i consociati di conoscere anticipatamente quali sono le condotte che l’ordinamento giuridico prescrive, vieta o rende lecite, e orientare di conseguenza le rispettive azioni.
Inoltre, il carattere non scritto delle consuetudini rende difficoltoso il controllo sulla loro legittimità.
Una consuetudine che pretendesse di regolare una materia già disciplinata con legge, per esempio, e in senso contrastante rispetto a quest’ultima dovrebbe essere considerata illegittima. Ma come giungere a una sentenza che accerta l’illegittimità della consuetudine in questione, se essa non è evincibile da alcun atto scritto?
Per risolvere questo problema esistono apposite raccolte tenute e periodicamente aggiornate dalle Camere di Commercio che elencano gli usi a livello provinciale.
L’attribuzione del compito della raccolta degli usi a tali enti risale alla legge 20 marzo 1910, n. 121, ed è poi stata confermata dal R.D. 20 settembre 1934, n. 2011 (artt. 34-40).
Per assicurare l’esigenza di rendere uniformi le operazioni di accertamento degli usi locali e di revisione delle stesse raccolte il Ministero dell’Industria e del Commercio, nel 1964, ha adottato un’apposita circolare con la quale ha chiarito anche le modalità di redazione e di gestione delle suddette raccolte di usi.
In questo modo si è consentita una più facile conoscenza delle consuetudini e maggiori possibilità di controllo sulle stesse.
È allora anche grazie alle raccolte di usi tenute dalle Camere di Commercio che i giudici hanno potuto accertare l’illegittimità di talune consuetudini.
Ricordiamo, per esempio, che in provincia di Belluno, nel 2023 sono state dichiarate illegittime consuetudini che prevedevano minori diritti per le donne rispetto agli uomini in materia di eredità. Detti usi si ponevano, evidentemente, in contrasto con il principio di uguaglianza, affermato a livello costituzionale, dall’art. 3 della Costituzione.
Allo stesso modo, nel 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittime alcune disposizioni sulla automatica attribuzione del cognome paterno al figlio. E, secondo una certa ricostruzione, la trasmissione del cognome paterno al figlio si fondava originariamente proprio su una norma consuetudinaria.
ATTIVITÀ (proposte di possibili attività da far svolgere in classe o a casa)
Rispondi alle seguenti domande:
1. Che cosa si intende con l’espressione “fonti del Diritto”?
2. Quali sono le principali fonti atto che conosci?
3. Secondo quale principio è organizzata la cosiddetta “piramide normativa”?
Lavoro di gruppo
Dividendovi in gruppi riflettete sui comportamenti che tenete quando siete nella vostra compagnia di amici e negli ambienti che frequentate, come la scuola, la palestra ecc. Quali di questi comportamenti sono regolati da leggi scritte e quali, invece, nascono dal rispetto di usi o consuetudini?