Emergenza Clima: il futuro è adesso. Intervista a Serena Giacomin, Meteo Expert e relatrice dei webinar "Emergenza Clima"

Emergenza Clima: il futuro è adesso. Intervista a Serena Giacomin, Meteo Expert e relatrice dei webinar "Emergenza Clima"

Negli ultimi 12 mesi le parole più ricorrenti nei dibattiti istituzionali, a scuola e sui social network sono senza dubbio “clima”, “cambiamento climatico”, “riscaldamento globale”, “climate change” . Poiché la scienza ci insegna che è indispensabile informarci attraverso fonti scientificamente affidabili, abbiamo posto alcune domande a Serena Giacomin, meteorologa Meteo Expert, presidentessa di Italian Climate Network, e relatrice del ciclo di webinar gratuiti  “Emergenza Clima – cittadinanza attiva in classe per un presente sostenibile” dedicato ai docenti e in partenza dal 24 settembre 2019.

Partiamo dal principio: cosa si intende per Cambiamento Climatico?

serena giacominNell’ultimo secolo la Terra ha subito un cambiamento climatico che ormai è riconosciuto come un cambiamento di origine antropica, determinato dall’immissione di gas a effetto serra in atmosfera. Questo vuol dire che, senza avere piena consapevolezza degli effetti che si sarebbero potuti registrare sul clima terrestre, abbiamo immesso quantità di anidride carbonica superiori al livello di tolleranza del nostro Pianeta. Quando parliamo di cambiamento climatico quindi dobbiamo tenere conto non solo di come cambiano l’atmosfera e i fenomeni meteorologici, ma anche dell’innalzamento dei mari, della fusione dei ghiacci e di come cambiano tutti i vari ecosistemi (montano, marino, eccetera). Il cambiamento climatico infatti riguarda tutti i vari equilibri ecosistemi che caratterizzano il nostro Pianeta. Il riscaldamento globale, tendenza dell’atmosfera a scaldarsi, invece, è uno degli aspetti, che è però la causa principale in questo momento storico di tutte le altre variazioni.

Cosa si intende invece per Emergenza Clima?

Sono ormai diversi decenni, almeno venti/trenta anni, in cui la comunità scientifica sta insistentemente parlando del problema del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. In questi ultimi decenni, però, non c’è stata una reazione risolutiva nei confronti del problema, per cui adesso ci troviamo di fronte a un’emergenza. Proprio per questo in generale si è discusso molto, anche a livello di comunicazione, di cambiare il nome con cui di solito ci si esprime, anche noi divulgatori, e quindi non parlare più di cambiamento climatico, ma di emergenza climatica o crisi climatica.
In realtà questa proposta è stata accolta senza nessuna difficoltà da tutti coloro che si occupano di comunicazione del cambiamento climatico, perché è un’emergenza vera e propria: i risultati scientifici sono allarmanti, la comunità scientifica si è espressa in modo molto chiaro, anche facendo degli Special Report.
Uno dei rapporti più chiari ed esemplificativi è lo Special Report “Global Warming of 1.5 ºC” che è stato commissionato dalle Nazioni Unite, in cui si spiega come potrebbero cambiare gli effetti nel futuro se noi invece che cercare di limitare l’innalzamento delle temperature a +2 ° riuscissimo a ridurre questa soglia a +1.5 ºC. Mezzo grado di temperatura potrebbe sembrare agli occhi dei più qualcosa di poco influente; in realtà gli studi scientifici spiegano come quel mezzo grado di temperatura faccia la differenza in termini di effetti ambientali e socio-economici a cui in futuro dovremo adattarci.

Qual è il messaggio importante da estrapolare da questo genere di studi, che è fatto di dati e grandi numeri alcune volte non troppo comprensibili da chi non si occupa di questa materia? Il messaggio importante è che non solo è opportuno mettere in campo immediatamente delle azioni di adattamento del territorio e della popolazione, per poter affrontare gli effetti previsti (ma in alcuni aspetti già diventati realtà) provocati dal cambiamento climatico, limitando il più possibile gli impatti, ma è anche importantissimo fare subito mitigazione, quindi riduzione dei gas serra climalteranti.

In sintesi possiamo dire che le due parole chiave per la lotta al cambiamento climatico sono adattamento e mitigazione?

Si, adattarsi non vuol dire adattare il territorio, e non solo. Noi in Italia dobbiamo da subito affrontare il problema del dissesto idrogeologico con il 91% di comuni che si trovano con aree a rischio (vuol dire rischio alluvioni, frane, smottamenti). Ma adattarsi vuol dire fare anche quello che stiamo cercando di fare insieme, cioè fare educazione. Adattarsi vuol dire avere dei cittadini maggiormente consapevoli, avere dei cittadini che non solo conoscono il problema, ma sanno anche come affrontarlo. Ad esempio sanno qual è il significato di un’allerta meteorologica, quindi sanno come si devono comportare durante un fenomeno meteo potenzialmente calamitoso, sanno cosa fare prima di un rischio alluvione, durante un’alluvione e dopo. Adattarsi vuol dire anche educare la cittadinanza a un comportamento capace anche di salvare delle vite umane. Ovviamente anche la mitigazione presuppone la necessità di avere maggior conoscenza e quindi di essere educati.

Cosa possiamo fare?

Che cosa possiamo fare? È una domanda difficilissima. Nel senso che è facile e difficile allo stesso tempo. Dobbiamo declinare le azioni su diversi livelli: che cosa possiamo fare noi; che cosa possiamo fare come comunità, quindi anche a livello locale, comunale, provinciale, regionale, nazionale; che cosa può fare lo Stato; che cosa si può fare a livello internazionale.
È ovvio che le azioni sui vari livelli non hanno uno stesso peso. Certamente ciò che si decide di fare a livello internazionale ha un peso nettamente superiore. Quindi ha delle capacità superiori di reazione al cambiamento climatico rispetto all’azione del singolo. Però questo non deve passare come “non è importante ciò che fa il singolo”: quello che fa ognuno di noi è estremamente importante, anche cambiare le proprie abitudini e fare delle scelte ragionate. Ad esempio, utilizzare meno plastica può sembrare difficile ma in realtà non lo è così tanto. Un altro esempio è lo standby: molte persone non sanno che l’11% della bolletta dell’energia elettrica in casa è determinato dal fatto che lasciamo troppi elettrodomestici nella modalità standby, quindi risucchiando come vampiri energia elettrica senza effettivamente utilizzarla. Ovviamente se questa cosa non si sa, si prende una cattiva abitudine come spegnere il televisore con il telecomando, lasciandolo in standby. Ma se qualcuno ce lo insegna evidentemente possiamo cambiare la nostra abitudine senza perdere in qualità della vita.

Agganciandomi al tema dell’efficienza energetica vorrei passare al secondo livello, cioè non più quello che possiamo fare noi come cittadini, ma che cosa possono fare le istituzioni. Perché è importante che i politici e le istituzioni siano sensibili verso questo tema? Ad esempio, per mettere in campo delle giuste politiche di incentivazione atte a favorire uno stile di vita più sostenibile.

Quali sono le buone pratiche da seguire?

Parlarne quando si torna a casa, parlarne con i propri figli, parlarne a scuola, far sì che il tema del cambiamento climatico rientri sempre più spesso in maniera diffusa nelle classi e nelle scuole d’Italia, magari spingendo anche gli insegnanti e i genitori a fare delle piccole azioni pratiche in casa. Quindi dov’è possibile andare a piedi, andare in bicicletta, utilizzare meno plastica, magari usare le borracce o informarsi se è possibile utilizzare l’acqua del sindaco, quindi l’acqua del rubinetto, e se non è possibile farlo, chiedere alle istituzioni di fare qualcosa. Ci sono tante altre cose che si possono fare e su cui io tra l’altro sono particolarmente sensibile occupandomi di fenomeni meteo: imparare a conoscere cos’è la Protezione Civile, quali sono le norme di autoprotezione civile, che cosa bisogna fare nel caso in cui ci sia il rischio di un fenomeno atmosferico calamitoso sul nostro territorio, partecipare alle campagne come “ Io non rischio “ della Protezione Civile, essere un po’ più attenti in generale a questo genere di tematiche. E poi, le solite raccomandazioni, come spegnere la luce, non sprecare l’acqua, evitare gli sprechi. Sono sicuramente abitudini utili, anche se può sembrare uno sforzo vano. La cosa più importante che possiamo fare è essere osservatori più sensibili di tutto ciò che ci sta intorno e soprattutto chiedere che vengano messi in atto anche a livello locale e territoriale tutti quegli aspetti che possono non solo salvaguardare l’ambiente e il clima, ma anche rendere il territorio più sicuro.

Riallacciandomi al tema dell’educazione, abbiamo ideato con Deascuola un ciclo di webinar, 5 appuntamenti gratuiti con iscrizione obbligatoria su deascuola.it/emergenzaclima, “Emergenza Clima – cittadinanza attiva in classe per un presente sostenibile” dedicato ai docenti, in partenza dal 24 settembre 2019 alle ore 17:30. L’iniziativa, in linea con le nuove indicazioni ministeriali sull’Educazione Civica a scuola, vuole fornire spunti di riflessione, approfondimenti e attività da utilizzare in classe.

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