Aule colorate e personalizzate, classi che si trasformano in attivi e stimolanti laboratori e studenti sempre in movimento fra una classe e l’altra. È un perfetto scenario da high school americana la realtà che si sta profilando ormai da qualche anno in molte scuole italiane. Si chiama DADA, acronimo di Didattiche per Ambienti di Apprendimento, ed è il metodo scandinavo di organizzazione degli spazi che sta portando anche in Italia una visione di scuola alternativa.
Nel contesto internazionale, il progetto ricalca il modello svedese promosso, ad esempio, dalla scuola Vittra Telefonplan di Stoccolma, una struttura avveniristica e costruita a misura di studente. Qui, sparisce l’aula concepita come spazio omologato e “in serie”, sempre uguale nel corso dell’anno e per tutte le materie, in cui l’alunno entra la mattina ed esce dopo le canoniche ore di lezione, ma si trasforma in un ambiente accogliente, in cui il movimento è libero e la tecnologia è indispensabile.
Il progetto DADA, declinato nelle scuole italiane, rappresenta una virtuosa fusione fra il modello di stampo nordico e quello italiano.
Si tratta, da un lato, di una concezione dello spazio scolastico all’americana elaborato attraverso la valorizzazione delle aule e di una nuova organizzazione logistica. Gli studenti si muovono fra le classi in base all’orario delle lezione e raggiungono i docenti nelle aule della materia: gli spazi vengono allestiti ed arredati secondo il gusto e il profilo professionale e culturale dell’insegnante e in base alla materia di insegnamento. Negli spostamenti tra le varie aule didattiche i ragazzi, fortemente responsabilizzati, si dimostrano attivi e indipendenti: sanno che ad ogni cambio dell’ora devono avvicinarsi in tempi brevi verso l’aula della lezione successiva. Questo approccio fluido e vitale del metodo viene percepito come uno stimolo, in linea con alcuni studi neuro-scientifici che dimostrano che la regola d’oro per mantenere attiva la mente è stimolare il corpo al movimento, secondo il ben noto principio di mens sana in corpore sano.
Non si tratta, però, di una semplice copia a carbone del modello anglosassone, il metodo di insegnamento e i contenuti restano infatti di stampo tradizionalmente italiano, con una fondamentale apertura verso l’uso delle tecnologie.
I licei Labriola di Ostia e il Kennedy di Roma hanno dato il “la” al progetto, che si sta espandendo a macchia d’olio in tutto il paese: oltre 50 scuole in tutta Italia si sono accostate al metodo (ne sono un esempio l’I.I.S.S. Don Milani di Montichiari (BS) e la Scuola Media Lanfranco di Modena) e circa 20 istituti hanno dato inizio alla sperimentazione. Oltre alle due scuole pioniere, ricordiamo l’Istituto Piersanti Mattarella di Modena, la Scuola Secondaria di Largo Monte San Giusto (Istituto Comprensivo Carlo Levi) di Roma, l’Istituto Madonna della Neve di Adro (BS), Liceo Statale Maria Montessori (RO), l’Itis Alessandro Volta di Perugia e la Scuola Media Antonio Amore di Pozzallo (RG).
In un’intervista al programma Fahrenheit Radio 3, Ottavio Fattorini, preside del Liceo Labriola e Guido Benvenuto, docente di Pedagogia Generale presso l’Università Sapienza nonché esperto incaricato del monitoraggio del progetto, parlano di “responsabilizzazione, identità e continuità“.
I primi effetti della sperimentazione sembrano rilevare, infatti, una maggiore attenzione e cura da parte dei docenti nella gestione e nella personalizzazione dell’aula non solo da un punto di vista estetico (più cartelloni, poster e colore) ma anche nella creazione di un rapporto di continuità fra lezioni e programma scolastico.
Il nuovo modello DADA rispecchia inoltre perfettamente il concetto indicato di “competenze chiave” dalla Commissione Europea che promuove una visione attiva del processo di apprendimento ed esalta il modello di aula intesa come laboratorio polivalente in cui gli studenti, attraverso l’uso della tecnologia e i lavori di gruppo, possono esprimere al meglio le proprie capacità in un ambiente accogliente e costituito da un’identità forte e percepibile.
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