Giorno della Memoria: proposte didattiche per una lezione non retorica

Giorno della Memoria: proposte didattiche per una lezione non retorica

Come si può raccontare l’orrore dell’Olocausto agli studenti? Come è possibile parlare della Shoah e del Giorno della Memoria anche se sono lontani dal periodo storico che si sta studiando?
La Memoria non si insegna. Conviene partire dagli eventi della Storia e lasciare spazio alle parole degli ultimi testimoni sopravvissuti.
Per questo Giorno della Memoria 2024 vi proponiamo spunti didatticiconsigli di letture e attività per affrontare e discutere in classe alcuni aspetti della Shoah.


Dal diario di un’animatrice digitale. Cittadinanza e Memoria: progettare percorsi di educazione civica anche con l’utilizzo di strumenti digitali.

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In occasione della scorsa giornata della Memoria, nell’Istituto in cui la professoressa Claudia De Napoli lavora come animatrice digitale, il dipartimento di Lettere ha progettato un percorso di educazione civica. Partendo dalla visione di un film, gli studenti del biennio sono stati coinvolti in attività di peer education, dibattito e approfondimento, che li ha portati a riflettere e ad esprimersi creando con Padlet il loro Muro della Memoria. (Muro della Memoria: parole (con Padlet) per non dimenticare).
Il secondo percorso che vi raccontiamo ha la forma di diario di lettura condiviso, anche questo creato con Padlet e frutto di un approfondimento di Italiano e Geostoria. (Leggere per conoscere e non dimenticare: il diario dei lettori).

In entrambi i percorsi dunque, Padlet, si è rivelato uno strumento molto utile, perché versatile e semplice da utilizzare. Vediamo come.


Arte/ Friedl Dicker-Brandeis e Charlotte Salomon: artiste vittime della Shoah

Se le vite, le personalità e i percorsi artistici di Friedl Dicker-Brandeis e di Charlotte Salomon sono molto diversi tra loro, il destino delle due artiste si compì, invece, nello stesso tragico luogo, nello stesso terribile tempo: il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, durante la Seconda guerra mondiale. Entrambe, infatti, in quanto ebree, subirono le persecuzioni razziali dettate dalle “leggi di Norimberga”, imposte da Adolf Hitler a partire dal 1935 prima nei lander tedeschi del III Reich (Charlotte era originaria di Berlino), per poi estenderle a tutti i territori annessi e conquistati (Friedl era nata a Vienna, aveva studiato in Germania e si era trasferita, infine, a Praga). Entrambe, di fronte all’orrore e alla follia naziste, riuscirono a trovare la forza di resistere attraverso l’arte e la bellezza.


Podcast

Testate giornalistiche, siti di approfondimento e studiosi di Storia contemporanea hanno iniziato negli ultimi decenni a raccogliere le testimonianze audio/ video degli ultimi sopravvissuti. Molti di questi racconti si sono trasformati poi in podcast, diventando strumenti didattici particolarmente efficaci. Ecco una selezione di podcast per il Giorno della Memoria, utili per la didattica


Le pietre di inciampo

Dal 1993 l’artista tedesco Günter Demnig ha ideato il progetto delle “pietre di inciampo. Si tratta di piccoli cubi di pietra che vengono collocati davanti all’ultima abitazione liberamente scelta dalla persona che si vuole ricordare. Su ogni pietra sono incisi pochissimi dati: il nome della persona, la data e il luogo di nascita, il luogo e, quando è nota, la data di morte.

Le pietre di inciampo sono tutte uguali e tutte diverse, perché richiamano altrettante vite, restituiscono identità alle persone deportate nel corso della Seconda guerra mondiale e destinate allo sterminio – come nel caso degli ebrei, dei sinti e dei rom – o rieducati – come nel caso dei deportati politici. Fino ad oggi ne sono state installate in Europa più di 70.000.

Per ora, questo museo diffuso, con il quale fare i conti giorno dopo giorno, si va allargando anche in Italia. Città grandi e piccoli centri: la memoria è di casa ovunque. Il Sole 24 Ore ha realizzato una mappa virtuale per segnalare tutte le pietre installate nelle città italiane. Un’attività in continua evoluzione e aggiornamento in cui sono coinvolti anche i lettori, che possono segnalare nuove pose alla mail pietreinciampo@ilsole24ore.com .


I luoghi della memoria ebraica a Milano: una mappa e un libro

Accanto a targhe, lapidi, monumenti che rappresentano in ogni città le tracce materiali degli eventi tragici accaduti tra il 1919 e il 1945, vi sono molti altri luoghi, meno noti che sono stati teatro di sofferenze, umiliazioni, lotta e resistenza. Al di là della retorica delle celebrazioni e commemorazioni che toccano i monumenti più noti è importante che anche dei luoghi minori resti memoria perché ci aiutino a essere consapevoli della nostra storia.

Un’efficace risorsa didattica, utilizzabile in classe per ricordare è la mappatura dei luoghi della memoria storica della città di Milano realizzata dalla Fondazione memoria della deportazione. Potete consultarla qui.

La mappa, georeferenziata e interattiva, accessibile da computer, tablet e smartphone, riporta luoghi e descrive vicende che segnarono la Resistenza e le deportazioni nei campi di sterminio e di internamento in Europa.

Una documentata ricerca sui luoghi di Milano, che raccontano la storia della persecuzione antiebraica dal 1938 al 1945, è contenuta nel libro di Francesca Costantini, I luoghi della memoria ebraica di Milano, Mimesis, 2016. Accanto a luoghi noti che furono teatro della resistenza contro la violenza discriminatoria delle leggi razziali del 1938, ne esistono altri meno noti dove furono vissuti atti di coraggio, di eroismo e di straordinaria umanità (le case minime del quartiere Baggio, la mensa dei bambini di via Guicciardini, la scuola ebraica di via Eupili, l’ambulatorio medico di via Panfilo Castaldi, 27). La ricerca storica, documentata con foto d’epoca, può essere la traccia per un percorso di approfondimento nelle classi quinte della scuola superiore.


Per affrontare e discutere in classe alcuni aspetti della Shoah, vi proponiamo inoltre:

  • Materiali e spunti didattici
  • Abstract e letture consigliate
  • Risorse interattive

1. Materiali didattici

a) La mappa dei campi di concentramento e centri di sterminio nazisti, tratta dal testo La porta del tempo, Garzanti Scuola (materiale consigliato per la Scuola Secondaria di primo grado).

Spunto didattico: Auschwitz è il campo di sterminio più tristemente famoso. Nella mappa potete vedere quanti altri ce ne fossero e dove. Primo spunto di discussione: qual è la differenza tra centri di sterminio e campi di concentramento?

Fare Geo

  • Osserva la mappa con i principali campi di concentramento e di sterminio nazisti distribuiti nel territorio conquistato da Hitler e confrontala con una carta politica attuale dell’Europa. Indica in quale Paese si trova attualmente ciascun campo riportato.
  • Visita virtualmente il campo di sterminio di Auschwitz, oggi patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Puoi accedere alla scheda Unesco, utilizzare Maps e osservare il video su YouTube. Prepara una relazione su quanto osservi.
    Cattura alcune immagini che ti colpiscono particolarmente e allegale alla relazione con una didascalia in cui motivi la tua scelta.
    Puoi visitare anche altri campi di concentramento, come Dachau e Mauthausen.

b) La UCEI, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha pubblicato una serie di consigli per affrontare in classe l’argomento della Shoah.


c) Qui a fianco trovate una scheda storica sulla rivolta nel ghetto di Varsavia, elaborata dagli studenti del Liceo “Lanzone” di Milano (materiale consigliato per la Scuola Secondaria di primo e secondo grado).


d) Scheda La Croce Rossa visita il campo di Theresienstadt, un episodio poco conosciuto dell’Olocausto, tratta dal testo La porta del tempo, Garzanti Scuola (materiale consigliato per la Scuola Secondaria di primo grado).


e) Qui potete scaricare il dossier Dopo Auschwitz tratto dal volume 3 di Storia, Garzanti Scuola. In questo contributo troverete alcuni spunti di riflessione di Adorno, Hannah Arendt e altri filosofi (materiale consigliato per la Scuola Secondaria di secondo grado).


f) Nel 1942 a Wannsee, un quartiere di Berlino, agli alti funzionari del governo nazista e agli ufficiali dell’esercito venne comunicata la “soluzione finale della questione ebraica“.
Qui sotto vi proponiamo un brano tratto dal verbale della conferenza riguardante la “soluzione finale” (materiale proposto nel volume 3 di Storia, Garzanti Scuola, consigliato per la Scuola Secondaria di secondo grado).


2. Abstract e letture consigliate

Il rifugio segreto. Memorie dal nascondiglio di Anne Frank

Amsterdam, Olanda. L’indirizzo è Prinsengracht, 263. Ad Anne sembra solo un vecchio edificio affacciato su un canale. Dentro ci sono dei magazzini, ciò che resta di una ditta di confetture e una libreria girevole che cela un mistero. Perché quello non è un luogo come un altro. Anzi, è il posto perfetto per nascondere due famiglie. È il 1942 e quell’alloggio segreto diventa di colpo la nuova casa di Anne Frank. Anne è una ragazzina allegra e spensierata, ha solo tredici anni e il mondo che conosce è sconvolto da una tremenda guerra che sembra travolgere tutti. Lei è il cuore lucente del nascondiglio. È un’adolescente vivace che scrive in un diario ciò che ama, sogna, spera: vivere in un mondo migliore. E il suo incredibile entusiasmo desta l’interesse di un curioso osservatore. Il rifugio segreto.

Quel luogo antico e solenne, vivo e ricco di storie, si appassiona davanti al coraggio della piccola Anne. La vede crescere, ridere e soffrire. La incoraggia come può e come riesce: fino alla fine. E anche dopo, quando non resta che una cosa da fare, audace e temeraria al tempo stesso: tramandare la storia di Anne. Perché nessuno possa dimenticarla. Grazie a una voce calda e inedita, capace di raccontare con sincero trasporto gli anni della II Guerra Mondiale, la storia di Anne Frank s’intreccia a quella del rifugio segreto per raccontarci qualcosa di noi stessi.


luci nella shoah

Luci nella Shoah

Nella tragedia della Shoah, lo sterminio degli ebrei operato da fascisti e nazisti negli anni della Seconda guerra mondiale, milioni di persone hanno sofferto un dolore simile. Spesso hanno anche subìto una sorte comune. Ma quel dolore non è stato l’unica esperienza. Ciò che univa le persone è stata spesso la vita passata, e la speranza presente. Molti sopravvissuti ricordano che pur nel buio e nell’angoscia si aggrappavano a ricordi, pensieri, oggetti per tenersi vicino un mondo che sembrava non esistere più. Piccole speranze che hanno permesso ai deportati di passare il tempo, arrivare a sera, non demordere, in una parola: resistere. La resilienza dei deportati passa attraverso piccoli oggetti quotidiani, passioni, affetti. Cose apparentemente poco significative che diventano fondamentali. Le 28 storie raccolte in questa antologia sono vere, e i loro protagonisti adolescenti del tutto simili ai giovani lettori cui il libro è destinato. Vicende commoventi, illuminanti ed esemplari che ci rivelano dove possiamo trovare la forza di cui abbiamo bisogno nei momenti difficili.


Un sac de billes

1941: la Germania nazista occupa la Francia. Joseph, 10 anni, e suo fratello Maurice, 12 anni, vivono con i genitori a Parigi. Sono ebrei. Per sfuggire alle leggi antisemite, i due ragazzi partiranno da soli per attraversare il Paese. Svegli e intelligenti, eviteranno tutte le trappole per sfuggire al peggio. Una storia tragica e vera, ma piena di speranza e di amore.


La stella di Andra e Tati

Quando anche gli ebrei italiani cominciano a essere deportati nei campi di concentramento nazisti, Andra e Tati sono solo due bambine. D’improvviso, si vedono strappare via tutto ciò che hanno; perfino la famiglia è travolta e straziata da eventi inspiegabili. Troppo piccole per capire, Andra e Tati si ritrovano sole e piene di paura. Il mondo comincia a cambiare e diventa un incubo, un’ombra minacciosa che si diffonde ovunque e a cui sembra impossibile sfuggire. Andra e Tati sono solo delle bambine, sì. Ma non smettono di sperare e di farsi coraggio a vicenda, unite e salvate dall’amore l’una per l’altra.

Nell’era più buia della storia dell’umanità, la forza e la speranza sono le uniche armi per sopravvivere. Con le immagini originali del primo film d’animazione europeo sull’Olocausto, la commovente storia vera di due sorelline sopravvissute alla Shoah.


Il giorno speciale di Max

Max non ha mai avuto un animale domestico e adesso che c’è Auguste non si stancherebbe mai di guardarlo mentre nuota felice nella sua boccia. Ma il mondo attorno a loro sta cambiando. Ora bisogna andare in giro con una stella d’oro sul petto. Si parla di “discriminazione” e “rastrellamento”, ma nessuno spiega a Max che cosa vogliano dire queste parole. Fino a che un giorno a casa Geiger, la casa di Max e Auguste, non arrivano i tedeschi. È il 16 luglio 1942. E la famiglia Geiger deve fare le valigie. Max non sa per dove, sa solo che il pesciolino Auguste non potrà seguirlo. Forse un giorno riuscirà a tornare da lui?


Hitler. Una biografia

Attraverso un’abile narrazione sorretta da un lavoro documentario ineccepibile, Peter Longerich pone ai lettori degli interrogativi chiave per capire meglio il nazionalsocialismo e la parabola del potere assoluto. Ma anche per invitarci a una riflessione più sottile e inquietante sulla natura del male e dell’odio: se un secolo fa è stato possibile che un uomo qualunque si sia trasformato nel carnefice di milioni di persone, siamo sicuri che ciò non possa più accadere? Siamo così certi che oggi non sia nato o stia nascendo l’Hitler di domani?

Per approfondire l’argomento vi invitiamo a scaricare il pdf del capitolo “Radicalizzazione della politica ebraica”.


Si chiamava Anne Frank

Si chiamava Anne Frank

A questo link è possibile scaricare interamente la Postfazione del libro Si chiamava Anne Frank, UTET, 2018

Pochi sanno che il diario di Anne Frank, rilegato a scacchi bianchi e rossi e riempito dalla grafia fitta e minuta di una quindicenne, non sarebbe mai arrivato fino a noi se una ragazza olandese di origine austriaca non l’avesse salvato e custodito, con la speranza – purtroppo illusoria – di restituirlo alla sua proprietaria.

Quella ragazza si chiamava Miep Gies, e questa è la sua storia: comincia un lunedì mattina del 1933, quando si presenta per un colloquio di lavoro alla ditta Travies & Co. A riceverla è Otto Frank, ebreo tedesco da poco emigrato ad Amsterdam con la moglie Edith e le figlie Margot e Anne per sfuggire alle persecuzioni naziste.


Primo Levi. Una vita.

L’11 aprile 1987 Primo Levi si suicida gettandosi nella tromba delle scale della sua casa di Torino.

Un evento tragico in cui si enuclea il più profondo dramma del Novecento. Non solo l’Italia ma il mondo intero è sconvolto dalla perdita di un uomo con “lo spessore morale e l’equilibrio intellettuale di un titano del Ventesimo secolo” come lo definisce Philip Roth. Ian Thomson, un giovane giornalista inglese già autore di interviste a scrittori italiani e che aveva incontrato Levi qualche mese prima, decide di passare più di cinque anni inseguendo parenti, amici o semplici testimoni: annota oltre 300 testimonianze, raccoglie immagini, consulta fonti di archivio.

Da questo lungo lavoro di scavo esce un ritratto complesso di Levi, che prova a sbrogliare la matassa di una vita trascorsa fra la chimica e la letteratura, la fabbrica e la macchina da scrivere. Thomson, evitando di schiacciarsi sull’autobiografia finzionale costruita da Levi stesso e aggirando la sua nota riservatezza, ricostruisce il suo rapporto con la famiglia, la passione per la montagna, la storia dei rifiuti editoriali e infine formula alcune ipotesi riguardo il suicidio.

Finalmente tradotta in Italia, la biografia definitiva dello scrittore italiano che più di ogni altro ha saputo interrogare in profondità la storia oscura del Novecento.


Il Farmacista del ghetto di Cracovia.

«Dottore», mi disse uno dei frequentatori della farmacia, indicandomi la finestra che dava su piazza Zgody, «mi dica: come mai ci sono così pochi pazzi in giro dopo tutto quello che la gente ha dovuto sopportare? Possono le cellule grigie del nostro cervello reggere così tanto dolore? In fondo, prima della guerra i matti non mancavano, ma che mai potevano aver sofferto, quelli, in confronto alle nostre tragedie, alla nostra infelicità?»


un amore ad auschwitz utet

Un amore ad Auschwitz. Edek e Mala: una storia vera.

Cosa accadrà quando non ci saranno più i testimoni, quando anche l’ultimo sopravvissuto sarà sepolto da qualche parte? I più giovani di loro, i rarissimi bambini usciti vivi dal lager, hanno abbondantemente superato gli ottanta. Il tempo vola. A un certo punto il compito di tramandare la memoria toccherà a noi, a chi ha avuto il privilegio di ascoltare le loro voci.
Per questo mi sono appassionata immediatamente a Mala e Edek, perché sono due figure fuori dal comune che in condizioni estreme costruiscono un rapporto intenso, romantico, quasi un film, ma soprattutto perché la loro è una storia d’amore reale laddove di reale c’era solamente la morte“.


3. Materiali interattivi

a) Qui potete vedere la mappa dei Paesi in cui è considerato reato negare l’esistenza dell’Olocausto (in colore rosso). Dal 2015 anche in Italia è in vigore una legge che punisce con la reclusione fino a tre anni “il negazionismo, l’apologia e la minimizzazione della Shoah, dei genocidi, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Un primo punto di riflessione può essere: quali Paesi dell’Unione europea non considerano il negazionismo un reato?

Sul difficile equilibrio tra reato di Negazionisno e libertà di espressione proponiamo due documenti:


b) Cliccando sull’immagine sotto potete consultare la Mappa interattiva di Auschwitz realizzata dalla BBC (in lingua inglese).

c) Qui trovate la Mappa interattiva del campo di Birkenau.


c) Il cinema continua a interrogarsi sull’orrore della persecuzione ebraica. Vi proponiamo a seguire 3 trailer di film usciti nelle sale negli utlimi 2 anni e che offrono ottimi spunti di rilfessione, soprattutto perchè le voci narranti sono quasi sempre i più giovani.

Gli Invisibili, un racconto inedito (tratto da una storia vera), che racconta la persecuzione razziale con gli occhi di un gruppo di adolescenti.

Un sacchetto di biglie“, diretto dal canadese Christian Duguay. Un sacchetto di biglie racconta la vita serena che si lascia alle spalle Joseph, 10 anni, quando il padre gli dice che insieme al fratello Maurice deve lasciare Parigi, ormai troppo pericolosa per gli ebrei, e partire per raggiungere la più sicura Nizza, dove la famiglia si riunirà.

Nel 2017 è arrivato nelle sale cinematografiche Il viaggio di Fanny, un film che affronta l’argomento sempre con un punto di vista molto affine a quello dei giovani.

Basato su una storia vera, il film racconta la vicenda di Fanny, una ragazzina ebrea di 13 anni che nel 1943, durante l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, insieme alle sorelline, viene mandata in una colonia in montagna. Lì conosce altri coetanei e con loro, quando i rastrellamenti nazisti si intensificano e inaspriscono, scappa nel tentativo di raggiungere il confine svizzero per salvarsi.


d) Il sito Holocaust Visual Archive (in lingua inglese), curato dal sociologo Guido Vitiello, raccoglie le immagini
dell’Olocausto
 presenti nel vasto panorama della cultura visiva contemporanea (sequenze di film e manifesti, spettacoli tv, copertine di libri e riviste, romanzi grafici, fumetti, opuscoli museo, pubblicità, arte contemporanea e di fotografia, ecc).

Spunto di riflessione: analogie e differenze nella rappresentazione dell’Olocausto a seconda dei media, canali o supporti utlizzati.

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