I musei che narrano la pianura e la cultura contadina

I musei che narrano la pianura e la cultura contadina

Le vaste distese pianeggianti hanno rappresentato nel corso della storia le culle di fiorenti civiltà. La possibilità di organizzare agevolmente gli spazi, la facilità degli spostamenti, l’opportunità di realizzare estese coltivazioni e allevamenti sono stati fattori determinanti per il popolamento delle pianure. In Italia la gente contadina, vissuta per secoli in una dimensione di immobilità sociale e tecnologica, ha lasciato profondi segni nel paesaggio della pianura. Li possiamo leggere, ricostruendone la storia, in molte parti del nostro Paese: sono testimonianze che rivestono un grande significato anche in termini di usanze, saperi e tradizioni.

Tracce visibili e immateriali del passato contadino

Se nel 1950 la popolazione attiva che lavorava nei campi era il 44% del totale, oggi rappresenta solamente il 4%. Questo dato è sufficiente per comprendere le proporzioni di questa enorme massa di lavoratori della terra che nel corso dei secoli hanno trasformato, umanizzandolo, il paesaggio italiano.

Oggi troviamo preziose testimonianze delle tracce visibili impresse nel paesaggio e del mondo di esperienze e di tradizioni che coinvolgono sia la cultura materiale sia la cultura immateriale nei numerosi musei della cultura e della civiltà contadina sparsi in tutte le Regioni italiane.

Ognuno di essi si prefigge la conservazione e la fruizione di migliaia di documenti costituiti da testi, arredamenti, strumenti agricoli, immagini fotografiche, video, canti, musiche, suoni e tanto altro. Iniziative che vogliono che non vada persa la memoria di quello che era e che può ancora significare per noi il mondo contadino del passato, prima che verso la metà del Novecento macchine agricole sempre più potenti sostituissero il lavoro dell’uomo.

È una buona ragione per scoprire questi musei e gettare uno sguardo ai contadini che siamo stati.

Giovanni-Fattori-Terreno-paludoso-1894
L’artista Giovani Fattori (1825-1908), attento agli aspetti più concreti della realtà, raffigurava così il mondo contadino in un suo quadro: Terreno paludoso (1894), Palazzo Pitti, Firenze.

“Museo della civiltà contadina Carlo Etenli” a Grancona

Questo museo è uno dei più importanti a livello nazionale. Allestito in un fabbricato un tempo adibito a stalla e in seguito ampliato, è situato in una tipica corte rurale veneta alle spalle del Castellaro di Grancona, nel cuore dei Monti Berici (in provincia di Vicenza).

Realizzato da Carlo Etenli dopo anni di ricerche per recuperare e conservare le testimonianze e i valori della civiltà contadina, il museo occupa una superficie coperta di 3000 m2 ed è stato inaugurato nel 1995.

Suddiviso in sezioni, raccoglie decine di macchine agricole e migliaia di oggetti e attrezzi della vita contadina ed è teatro di manifestazioni ed eventi culturali (Festa della mietitura, Festa della trebbiatura, Festa della spannocchiatura e sgranatura del sorgo, Festa dell’artigianato, Rappresentazione degli antichi mestieri, Rievocazione delle attività domestiche di un tempo, Sfilata dei trattori d’epoca…).

“Museo della civiltà contadina Rodolfo e Luigi Sessa” a Mirabello

Il museo è comunemente noto come Museo di Mirabello. Inaugurato nel 2011, è stato creato dalla gente che abita il territorio di Mirabello (in provincia di Ferrara) e che ha messo a disposizione gli oggetti esposti, fornendo i nomi dialettali e la descrizione del loro uso, riferendo leggende, canti popolari, filastrocche, scioglilingua, memorie di eventi.

Scopo del Museo è infatti raccogliere e conservare la storia e la memoria della civiltà degli uomini e delle donne che hanno plasmato l’Alto Ferrarese, prima che le sue ultime tracce svaniscano, assieme alle ultime persone che la vissero.

Il Museo si articola in quattro sezioni.

  • Il territorio: descrive la bonifica e la lunga lotta contro le acque.
  • L’uomo: narra l’insediamento dei primi abitanti con il procedere della bonifica e il progressivo insediarsi delle famiglie dell’aristocrazia urbana che diedero vita a grandi proprietà. Tra queste un’attenzione particolare è dedicata al Cardinale Pompeo Aldrovandi (1668-1752), a cui si deve l’allontanamento del Reno dal territorio di Mirabello.
  • Gli strumenti: in sette grandi sale presenta una raccolta di mezzi di trasporto, strumenti, attrezzi e oggetti della vita domestica e del lavoro dei campi, che forniscono un quadro della civiltà contadina nella prima metà del secolo scorso.
  • La tradizione: raccoglie conoscenze, credenze, canti e tradizioni che ancora sopravvivono nella memoria di alcuni, per conservarne e tramandarne il ricordo. Perché la cultura di una civiltà non è costituita solo di elementi materiali, ma anche di un patrimonio immateriale.

“Museo della Civiltà Contadina” di Bentivoglio

A San Marino di Bentivoglio, a soli 15 km da Bologna, ha sede dal 1973 il Museo della Civiltà Contadina. Oltre 2000 m2 di esposizione, nel cuore di un parco storico all’inglese che circonda l’ottocentesca Villa Smeraldi, offrono al visitatore una testimonianza unica sul lavoro e la vita nelle campagne tra Otto e Novecento, tanto da diventare un modello e un importante punto di riferimento per la museografia rurale.

Il Museo offre la possibilità al visitatore di fare un tuffo nel mondo contadino bolognese del passato con l’esposizione di oltre 10.000 oggetti relativi al lavoro e alla vita nelle campagne bolognesi ed emiliane tra il 1750 e il 1950 e di tutta una serie di macchinari agricoli d’epoca.

Il Museo ospita anche una sezione dedicata alla mezzadria e una dedicata alla canapa, tra le più importanti in Italia.

“Museo della cultura contadina” di Albinia

Il museo, inaugurato nel 2004, documenta le attività agricole in Maremma, nel territorio di Orbetello, con le trasformazioni dagli inizi del Novecento fino alla riforma fondiaria degli anni ’50 e per ricostruire la vita contadina di quel periodo.

Il percorso museale si snoda in tre sale espositive che affrontano ciascuna una diversa tematica legata alla storia e al territorio di Albinia.

  • La prima sala presenta la vita dei contadini dagli inizi del XX secolo agli anni a cavallo tra le due guerre mondiali, al latifondo e alla mezzadria. Sono esposte riproduzioni di quadri di artisti, fotografie storiche del territorio ed è raccolto un gran numero di strumenti di lavoro e utensili della vita quotidiana.
  • La seconda sala è dedicata alle opere di bonifica per l’arginamento dei fiumi. Alcune fotografie documentano le opere effettuate nella Maremma meridionale, come gli argini dei fiumi Osa e Albegna, i ponti, i canali.
  • La terza sala ripercorre il periodo tra il 1957 e il 1977 nel quale avvenne la riorganizzazione dei terreni delle campagne maremmane con l’istituzione dell’Ente Maremma. Sono esposte numerose foto e cartografie di appoderamenti e delle opere di trasformazione e della realizzazione di nuovi centri abitati, come la stessa Albinia.

“Museo della Civiltà Contadina Michele Russo” di Somma Vesuviana

Il Museo della Civiltà Contadina “Michele Russo” Arti, Mestieri e Tradizioni Popolari, aperto al pubblico dal 1995, è incentrato sulla vita rurale prima dell’introduzione delle macchine agricole.

L’ampia collezione museale, con la presenza di artigiani e maestri della tradizione che danno di nuovo vita agli oggetti e agli attrezzi, divulga le testimonianze materiali e immateriali della cultura rurale.

Raccoglie circa 3000 oggetti, strumenti, attrezzi e reperti provenienti dall’area vesuviana e dalla provincia di Napoli, relativi alla cultura contadina riferita a un periodo storico precedente l’introduzione delle macchine agricole.

Sono presenti gli oggetti tipici del focolare domestico della casa contadina e i principali strumenti musicali per l’esecuzione di tammurriate (danze tradizionali della Campania) e delle ritualità festive contadine.

“Museo Laboratorio della Civiltà Contadina” di Matera

Con i suoi oltre 500 m², il museo etno-antropologico, situato nell’antico rione dei Sassi di Matera, è il più grande del Sud Italia nel suo genere. L’allestimento delle sale espositive è stato preceduto da anni di raccolta mirata di oggetti di uso quotidiano e di attrezzi di vari mestieri, permettendo una ricostruzione di ambienti il più possibile fedele alla realtà.

Sono presenti spazi dedicati alla ricostruzione di vecchie consuetudini di vita e sono stati ricostruiti gli ambienti e i mestieri di un tempo, legati non solo al lavoro dei campi, ma anche alle attività artigianali: conciapelli, pastore, cestaio, intagliatore, mastro d’ascia, fabbro, sarto, vasaio…

Alcuni alunni di un liceo di Matera hanno creato un percorso alla scoperta del Museo che racconta lo stile di vita e i mestieri del passato del territorio, confrontandoli con quelli del presente. In questa interessante esperienza didattica, la voce narrante è quella di un “brigante”.

Fare Geo

  • Questo è il messaggio di benvenuto con cui vengono accolti i visitatori all’ingresso del Museo di Grancona. Leggetelo attentamente in classe e provate a commentarlo: qual era il tenore di vita di questi “popoli contadini”? Che insegnamento possiamo trarne? Conosci qualche persona anziana che potrebbe aver vissuto questa realtà?

“Entrate in questo museo, dimenticate per un attimo il mondo d’oggi: radio, televisione, cinema, discoteca, cellulari, automobili ecc. Guardate questi attrezzi che testimoniano la povertà, la miseria, l’emigrazione, le umiliazioni, i sacrifici, i sudori, la fame, il freddo, le sofferenze dei nostri padri e delle nostre madri. Cerchiamo di non dimenticare tutto questo, e soprattutto il loro desiderio di creare per noi un mondo migliore.”

  • Spiega brevemente perché i “Musei della cultura contadina” sono utili per gettare uno sguardo ai contadini che siamo stati.
  • Il mondo contadino è stato raffigurato da molti artisti. In Francia era uno dei temi più amati da Jean-François Millet (1814-1875), pittore impegnato socialmente: il suo dipinto  Le spigolatrici (1857) suscitò la reazione della borghesia per questo “inno” alla fatica e alla poesia del lavoro rurale. ll mondo contadino è stato raffigurato più volte nell’arte: cerca in rete tre esempi e indica quale a tuo parere lo rappresenta in modo più realistico.
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Jean-François Millet, Le spigolatrici (1857), Museo d’Orsay
  • Quando non esistevano ancora le apposite macchine, uno dei riti collettivi più caratteristici del mondo rurale era la tradizionale “spannocchiatura”, cioè la separazione delle pannocchie di mais dal cartoccio, che si svolgeva di sera nell’aia con i propri vicini. Sapresti indicare quali altri riti collettivi si svolgevano nelle comunità rurali?

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