SOS atmosfera: anidride carbonica e dintorni

SOS atmosfera: anidride carbonica e dintorni

I dati climatici provano che l’atmosfera si sta riscaldando progressivamente da due secoli, e che negli ultimi decenni ciò accade a ritmi crescenti. Per frenare questo processo, dovuto alla crescente concentrazione di anidride carbonica nell’aria, si impone, in tempi quanto più brevi possibili, l’abbandono dei combustibili fossili e l’adozione di fonti di energia rinnovabile.

È una soluzione, questa, non certo facile da adottare, visto che tutti i Paesi, da quelli industrializzati a quelli meno sviluppati, utilizzano massicciamente i combustibili in ogni settore economico, dalla produzione elettrica, alle industrie, ai trasporti.
L’allarme per il Global Warming, tuttavia, incomincia a essere recepito e il mercato delle fonti di energia mostra i primi segni di cambiamento. Un modo per verificarlo è quello di confrontare, in un arco di tempo sufficientemente lungo, due parametri legati all’utilizzo dei combustibili fossili: l’emissione per abitante di CO2 e la produzione di elettricità da fonti rinnovabili.

Una grande quantità di dati è reperibile in rete, a partire dal rapporto prodotto ogni anno dalla IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia.
Per non correre il rischio di perdersi fra troppe informazioni, è tuttavia preferibile puntare su uno strumento di più facile lettura: il sito di DeA WING, la piattaforma che raccoglie i dati statistici del “Calendario Atlante” pubblicato ogni anno dalla De Agostini (puoi accere da Zona Geografia).

Le emissioni di CO2

Partiamo dalle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Nell’anno 2000 (ma con dati del 1995), la graduatoria era capeggiata dai grandi produttori di petrolio, come Kuwait, Emirati e Bahrein, tutti con valori superiori alle 25 t annue pro capite (il peso di un autotreno!), seguiti a breve distanza da altri grandi produttori di combustibili fossili, come Usa e Russia. Gli Stati più industrializzati d’Europa registravano valori inferiori alle 10 t, Cina e India, ancora in via di sviluppo, avevano valori intorno a 1-2 t, mentre i Paesi scarsamente sviluppati producevano emissioni insignificanti.

I dati DeA WING 2020 (relativi al 2016) mostrano significative differenze. I grandi produttori di petrolio, dai Paesi del Golfo agli Stati Uniti e alla Russia, hanno ridotto le emissioni di CO2 (il Bahrein, per esempio, è sceso da 25,7 a 20,8 t e la Russia da 12,3 a 9,97). Al tempo stesso, però, il Qatar ha registrato la considerevole quota di 30,77 t per abitante.
Decisamente migliori sono Stati i progressi dei Paesi europei: il Regno Unito, per esempio, è sceso da 9,3 a 5,65 t, mentre l’Italia è calata da 7,2 a 5,37 t.
Per contro, le economie emergenti hanno compiuto un balzo in avanti: la Cina, nel frattempo diventata la maggior potenza industriale del pianeta, ha visto le proprie emissioni salire in vent’anni dalle 2,7 alle 6,57 t pro capite. Anche i Paesi meno sviluppati hanno registrato una crescita, ma si mantengono ampiamente al di sotto di 1 t.

Nell’animazione qui sotto puoi seguire l’evoluzione delle emissioni di CO2 nel mondo dal 2000 a oggi (i colori più intensi indicano una maggiore emissione di CO2).

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Le fonti rinnovabili di energia elettrica

Passiamo ora al secondo indicatore, quello della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Qui le serie di dati sono più ridotte, poiché partono solo dal 2011 (con dati riferiti ai primi anni 2000). In questa prima serie di dati un piccolo gruppo di Paesi, perlopiù ricchi di risorse idroelettriche, copre tutto o gran parte del fabbisogno energetico da forti rinnovabili: fra essi il Bhutan, l’Islanda, il Paraguay, il Mozambico, la Norvegia, l’Etiopia, il Brasile. I valori si abbassano di molto quando analizziamo le maggiori economie industriali: 16,6% la Russia e 16,7% la Cina, tra il 15 e il 20% Germania e Italia, e valori inferiori al 10% per Regno Unito, Stati Uniti e Australia.

Anche in questo caso notiamo significativi progressi consultando i dati DeA WING 2020 (relativi al 2016). Germania e Regno Unito, per esempio, sfiorano ormai il 50%, Russia e Stati Uniti salgono oltre il 35%, mentre la Cina si mantiene poco sotto il 30% e l’Italia lo supera. Tra i fanalini di coda rimane l’Australia, con il 15,2% appena, e ovviamente i Paesi del Golfo Persico, che in alcuni casi rimangono totalmente privi di fonti energetiche rinnovabili.

I dati analizzati, ovviamente molto parziali, evidenziano quanto sia difficile e lungo il processo di transizione verso un mondo basato sulle energie rinnovabili. Queste ultime, infatti, rimangono ancora costose e non possono prescindere dai limiti (diluizione e incostanza) che sono propri dell’eolico e del solare. Inoltre non si può dimenticare che i buoni propositi ambientali si devono scontrare con gli egoismi dei grandi produttori di combustibili fossili, che anche se firmatari degli accordi di Parigi sul clima, in molti casi non mancano di rimarcare i loro dubbi sulle cause che stanno alla base del cambiamento climatico.

Nell’animazione qui sotto puoi seguire l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile nel mondo dal 2011 a oggi (i colori più intensi indicano una maggiore utilizzo).

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Non solo CO2

Tra i responsabili dell’inquinamento atmosferico ci sono anche altri gas. Per esempio il metano ha un fattore inquinante più elevato di quello della CO2. Secondo studi della Stanford University, infatti, in base ai rilevamenti nell’arco di un ventennio, che incida 84 volte di più nei processi di climate change. L’utilizzo di metano è collegato in maniera significativa alle attività umane: riscaldamento cittadino, gas domestico per cucinare, combustibile per mezzi di trasporto, scarti nei processi di allevamento e agricoltura.

Le attenzioni per la sostenibilità ambientale e la salvaguardia dell’atmosfera, quindi, dovrebbero sì rivolgersi alle più diffuse fonti di inquinamento (CO2), ma valutare anche l’impatto di altri elementi, presenti in minori quantità ma proporzionalmente più dannosi.

Fare Geo

  • Spiega il motivo per cui le emissioni pro capite di CO2 possono essere adottate come criterio per misurare il consumo di combustibili fossili.
  • Ricorda brevemente la differenza fra fonti energetiche non rinnovabili e fonti rinnovabili, fornendo i principali esempi di ciascuna categoria.
  • Sul sito DeA WING individua altri dati che possano servire a valutare l’impatto ambientale delle risorse energetiche e l’evoluzione del mercato delle fonti di energia. Per esempio, puoi confrontare i dati e i grafici relativi ai gas naturali (come il metano)
  • Visita il sito dell’IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia) per conoscere il suo ruolo e le sue iniziative. In particolare collegati alla pagina dedicata all’Italia: troverai l’identikit energetico del nostro Paese!
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Alcuni dati statistici relativi alla produzione e al consumo di energia in Italia. (Fonte: IEA, 2020)

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